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“Sono solo ed è difficile farsi bastare i soldi per più mesi”
“Mi sono fatta io”. Così inizia la storia di Roberta, storia vera di una precaria dal nome di fantasia. Separata con due figli, Roberta lavora all’Asp di Ragusa come ausiliaria specializzata, o per meglio dire, lavorava.
Infatti, da quando sono iniziate le esternalizzazioni, da quando l’appalto per le mansioni fino a poco tempo fa è stato dato alle varie ditte esterne, coloro che avevano l’incarico che ogni anno veniva rinnovato, sono rimasti fuori. Un incarico che prima era di quattro mesi a tempo pieno, ridotto poi a tre mesi part-time. Adesso, fra proposte, solleciti, sit-in e manifestazioni, sindacati, incontri a Palermo con il Presidente Lombardo e con l’Assessore alla Sanità Massimo Russo, a Ragusa con il Direttore Ettore Gilotta, si susseguono solo dubbi ed incertezze per il futuro ma anche riguardo al presente.
Fra questi lavoratori, specializzati e con esperienza sul campo, c’è anche Roberta desiderosa, come i colleghi di un posso fisso.
“Ho iniziato a lavorare come ausiliario specializzato nel 2002, tramite l’ufficio collocamento” ci racconta. Da allora un turno annuale, seguendo la graduatoria, permetteva a tutti di roteare e di “guadagnarsi il pane”.
Roberta vive in affitto con i due figli, non può contare sul mantenimento dell’ex marito, ma non rinuncia alla sua dignità personale. “Le scelte personali si pagano ed io le ho pagate tutte”.
“Sono da sola ed è difficile farsi bastare i soldi per più mesi. Con un po’ di economia si risparmiano i soldi per gli altri mesi, ma se c’è un imprevisto, una cosa che si rompe, non ci si arriva più” ci confessa.
Anche i figli fanno sacrifici insieme alla loro mamma: entrambi sono stati costretti a rinunciare alle attività extrascolastiche, mentre il maggiore, assolto l’obbligo scolastico, ha deciso di andare a lavorare per aiutare la famiglia ed ha accettato un lavoro sottopagato, pur di contribuire alle spese.
Roberta è consapevole di questi sacrifici, non solo personali, ma familiari e ne soffre, ma con un pizzico di orgoglio e gli occhi lucidi ci dice: “La parte più bella dell’uomo che ho amato è in mio figlio”.
Ha una grande forza di volontà questa donna ancora giovane che convive da diversi anni con l’ansia di non arrivare a fine mese, ma che si sforza di arrotondare svolgendo più lavori anche perché non lavora più in ospedale dal 2009 perché, pur avvalendosi dell’art. 49, è rimasta fuori, non è stata più chiamata.
In alcuni mesi dell’anno Roberta lavora come bracciante agricolo nella forestale, di giorno fa le pulizie da alcune signore “che mi hanno sempre considerato un essere umano”, fa l’assistenza notturna in ospedale, aiuta nei ricoveri, in passato, il sabato sera ha anche lavorato come lavapiatti in un ristorante.
Lei si reputa fortunata, perché per alcuni periodi, lavora presso un Ipab ragusano, ma anche lì non si tratta di posto fisso e il lavoro non è garantito tutto l’anno. Senza contare quanto tempo passa prima che arrivano i pagamenti.
E così, mentre Roberta si logora, non le rimane neppure molto tempo per vedere i figli: “Ci sono giorni in cui vedo i miei figli solo un’ora al giorno”.
In questo modo, nonostante la stanchezza che comincia a farsi sentire in maniera sempre più puntuale ed insistente, ma che si può solo ignorare per andare avanti, non si può neppure pensare ad un giorno di malattia, figuriamoci ad un giorno di riposo.
Roberta ha la faccia pulita, sa di non dover dire grazie a nessuno ed è orgogliosa di questo. È orgogliosa e piena di dignità, sa che deve continuare a lottare per lavorare e per garantire una certa sicurezza ai figli e a se stessa.
“Ciò che mi fa rabbia non è il fatto che siamo precari, ciò che mi dà davvero fastidio è che i membri delle Istituzioni non vogliono vedere queste nostre situazioni. Siamo solo numeri per loro, non siamo persone, non siamo dei lavoratori specializzati. Nel cuore di queste persone noi non siamo nessuno”.
Roberta spera in un posto fisso e per questo dal 2007 lotta insieme ai colleghi, i precari dell’Asp di cui più volte vi abbiamo parlato, per ribadire il suo diritto al lavoro: “Sono come gli altri colleghi, non possiamo fermarci, dobbiamo andare avanti per necessità”.
E mentre Roberta si rimbocca le maniche e torna al suo lavoro ci saluta dicendo: “Ho imparato nella vita a prendermi tutte le uova che la gallina fa. Questo è diventato il mio modo di vivere”.
Angela Allegria
Marzo 2012
In Il clandestino con permesso di soggiorno