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Il calvario di una signora modicana
Può un semplice intervento chirurgico di artroprotesi al ginocchio diventare un incubo che si protrae per due anni e non è ancora giunto a termine? Questo è a grandi linee ciò che è accaduto ad una signora di Modica, operata all’inizio del 2008.
Questo tipo di intervento, che viene definito “sicuro”, è volto alla cura dell’artrosi del ginocchio, malattia degenerativa articolare che inizia con un danno della cartilagine fino alla sua totale scomparsa. Ciò comporta dolore, difficoltà nella deambulazione fino ad una totale rigidità dell’articolazione. L’usura della cartilagine può derivare anche da un trauma o da malattie reumatiche. In ogni caso, per evitare ciò si procede chirurgicamente impiantando una protesi che può essere totale o parziale. L’intervento che generalmente ottiene ottimi risultati funzionali e normalmente la scomparsa del dolore, può essere praticato agevolmente anche in pazienti con più di 75 anni, il cui recupero della deambulazione è molto precoce (addirittura si può tornare a guidare l’automobile già dopo 15-20 giorni!).
Eppure, la signora in questione, che ha decisamente meno di 70 anni, di interventi fino ad oggi ne ha subiti ben nove rivolgendosi anche a strutture diverse dal nosocomio della Contea.
Già durante la degenza postoperatoria la signora accusava dolori interminabili ed un evidente ed anomalo gonfiore che, riferito al personale medico era stato curato con una terapia farmacologica e l’applicazione della borsa del ghiaccio.
Le cure però non davano né un minimo di sollievo, né tantomeno il risultato sperato. Così la signora si è dovuta rivolgere ad altre strutture. Comincia in questo modo il suo peregrinare nei vari presidi sanitari d’Italia: Arezzo a giugno del 2008, Catania a marzo del 2009, Bologna ad agosto e dicembre dello stesso anno, a Pietra Ligure ad aprile del 2010.
Il motivo di tanti interventi è dovuto ad un’infezione che si è estesa parecchio e che ha fatto rischiare anche la vita della signora, la quale, col fisico sempre più debilitato e l’aspetto psicologico devastato, ha dovuto scegliere se rimanere con la gamba piegata o tesa.
Al momento la signora ha il ginocchio rigido, non riesce a muoversi se non con due stampelle e, nonostante queste, necessita di assistenza costante. Inoltre presenta anche altri disturbi sia ossei che muscolari, derivanti dall’immobilità della gamba sinistra e dallo scompenso delle altre parti del corpo.
Un’operazione che, seppur di routine, ha comportato conseguenze invalidanti per la paziente che ancora oggi rischia di subire ancora altri interventi chirurgici e comunque di non poter ritornare ad essere attiva come prima.
Anche per la fisioterapia la signora ha dovuto aspettare perché impossibilitata all’accesso in automobile ha dovuto chiedere più volte tramite la macchina burocratica che questa venga svolta a domicilio.
Una situazione davvero spossante, che vede una donna avvilita, sfinita, logorata fisicamente e moralmente, alla ricerca di una soluzione che le attutisca almeno un po’ il dolore e le permetta di rendersi un po’ più autonoma rispetto agli altri.
Quale sia stata la causa che ha portato all’infezione non sta a noi stabilirlo (è già stato chiesto un risarcimento dei danni all’Ospedale di Modica e all’ASP e già da sei mesi si aspetta che venga inviato un medico legale per verificare quanto accaduto) ,pur tuttavia non può lasciare indifferente da un punto di vista giuridico (basti pensare all’art. 32 della Costituzione che tutela il diritto alla salute) e soprattutto umano, la sofferenza fisica a morale alla quale una donna è sottoposta per un semplice intervento che avrebbe dovuto migliorare la sua salute psicofisica ed invece l’ha resa totalmente invalida.
Angela Allegria-Francesco Ruta-Giorgio Ruta
Gennaio 2011
In Il clandestino con permesso di soggiorno