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Amore e beffa nel Così fan tutte di Mozart
La maestosità e la fantasia di un Mozart divertente, allegro, giocoso, rivisitato alla luce della lettura interiore proposta dal regista Maurizio di Mattia, ma allo stesso tempo capace di far riflettere su temi importanti quali la l’amore, gelosia, la fedeltà rivive in “Così fan tutte” di scena al teatro Bellini di Catania.
L’opera, diretta dal Maestro Hubert Soudant, presenta in maniera burlesca il tema del tradimento, riuscendo a far scendere dal piedistallo le donne considerate angeli, e ad umanizzarle nei loro sentimenti, nelle loro passioni.
All’interno di una scena classica nella quale, su un fondo rosso e contornate da colonne, scudi, capitelli, sono disposte cinque maschere del teatro classico: sono maschere (ora comiche, ora tragiche, che rimandano ai grandi Eschilo, Sofocle, Euripide, Aristofane) che vengono ammirate da un seguito di cortigiani in pomposi abiti settecenteschi, abbigliati in tal modo per sottolineare l’ambientazione storica dell’opera, condotti da Pulcinella, maschera simbolo del teatro napoletano, all’interno della beffa.
Si legge nel libretto d’opera che la scena si finge in Napoli: essa si svolge all’interno di una villa pompeiana dal cui giardino si vede il mare e il Vesuvio, attuazione della volontà di Da Ponte, eppure la collocazione specifica all’interno della villa pompeiana fa pensare ad una sorta di ritorno all’otium latino, alla classicità e alla naturalezza dei sentimenti.
La trama è semplice: una scommessa fra Don Alonso, interpretato sapientemente da Gabriele Ribis, e due giovani innamorati, Guglielmo (Enrico Marruci) e Ferrando (Riccardo Mirabelli), patto volto a testare la fedeltà delle promesse spose e sigillato con una stretta di mani che somiglia, nella posa, al “Giuramento degli Orazi” di Delacroix.
Inizia così la beffa, condotta sagacemente da Don Alonso, vecchio filosofo che, vestito con abiti romani, sembra quasi Zeus in persona, per la saggezza, per lo spirito libero, per la caparbia con la quale istiga i due innamorati a scendere con i piedi per terra, ad umanizzare le loro donne, e da Despina, una cameriera scaltra e spiritosa, interpretata da una brillante Laura Giordano.
I segni della beffa si leggono nelle risatine di Don Alonso mentre, per fingersi serio canta “Io temo”, nell’incitamento di Despina che ha una idea precisa sugli uomini “Uno val l’altro, perché nessun val nulla” e per questo si traveste ora da notaio ora da medico, nelle immagini scolpite sugli scudi (il volto di Medusa, ma sorridente!) di Guglielmo e Ferrando che fingono di recarsi in guerra, nell’abbigliamento alla slava degli stessi, con tanto di scettro e baffoni all’insù.
E poi c’è Pulcinella che si aggira per la scena, silenzioso, con passo veloce ma deciso, pronto in agguato a colpire le sue vittime.
In contrapposizione le due fanciulle, Fiordiligi (Maria Luigia Borsi) e Dorabella (Tove Dahlberg) che si presentano con estrema grazia e dolcezza, fedeli ed innamorate, come è espresso nell’aria “Come scoglio immoto resta”, ricca di virtuosismi canori, messa sulle labbra a Fiordiligi.
La musica esprime la personalità dei protagonisti, confondendosi a volte con le voci, sottolineando qualche passaggio con gli oboi ed i corni, mentre le scene, ricche di colori e riferimenti storici e stilistici, cambiano in continuazione e fanno pensare di essere davvero all’interno di una villa della Pompei romana.
Alla fine l’inganno prende all’interno della sua rete anche le due giovani e da lì si scopre un nuovo modo d’amare che si manifesta anche nel mutamento di abiti dei quattro protagonisti, prima vestiti con abiti settecenteschi, poi con vesti romane. Si scopre come la fedeltà può vacillare, le gelosie si manifestano, la visione dell’angelo fedele rimane solo un languido ricordo mentre la migliore “punizione” è il matrimonio perché, come sottolinea Don Alonso, “Così fan tutte”!
Angela Allegria
23 marzo 2010
In www.italianotizie.it
Foto di Giacomo Orlandi