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Capitolo I
“Nel contesto di cui fa parte per nostra ammissione sul contenuto autentico di quanto di seguito sarà trascritto sulle opere e le testemonianze testé raccolte su questo antenato, mi preme stabilire che in molti dei testi alla vista dei suoi coetanei desta parecchi dubbi sull’autenticità dei suoi trascorsi avventurosi. Viepiù maggiormente vengono accolte come sospette certe sue avventure datate in epoche divergenti e anche l’ improbabile semiotica sottesa al percorso diacronico che si può materializzare solo in dinamiche per nulla non di segno autentico. Se ci rivolgiamo al suo assunto-suo del Cinquemani- che nel percorrere la strada della cittadella dove vigeva il più assoluto non materializzarsi di ciò che repelle a figure facilmente collegabili negli impulsi che vanno a toccare con chiara dimensione la zona confacente della corteccia occipitale del nostro possibile recepire. Orbene, da tanta facile presunzione di volerci fare intendere che la narrazione abbia riscontro obiettivo, il Cinquemani lascia il sospetto, o a volere suo o a involontaria mancanza di precisione narrativa, per niente esplicativa, tende, certamente, alla più mendace delle congetture sul fabbisogno sicuramente non altrimenti da non procrastinare in virtù di stimolazioni inequivocabili nelle parti che, secondo le più miserrime accazioni di volgo o plebe, come usavasi specificare ai primi del secolo scorso la parte della nostra meno abbiente o come sin dai tempi più remoti del percorso umano veniva dai inconsapevoli sociologi del tempo proletari, veniva chiamato “a natura”. Intanto il racconto del su detto antenato si scopre, o se a voi fa maggiormente grado, si evince, che per la strada percorsa in siffatte condizione non poteva che sfociare in un disastro di proporzioni che tanto fastidio arrecano alle cavità della parte del nostro viso che caratterizza il nostro più o meno piacevole rapportarsi con i nostri coevi esponenti della scala evolutiva degli esseri viventi.
Pietro Ciccarelli