19 Ott 2010

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Castrenze Sofia s’innamora

Un’altra avventura del nostro eroe, quel Pietro Sanpietro (si sempre quello con il cognome con l’errore), è questa volta ha davvero dell’incredibile. Sempre fedele al suo giuramento che gli allievi o allieve o  Terzo Mondo erano intoccabili. Ma che c’entra, il Terzo Mondo, è un’altra cosa, semmai terzo genere come nel latino: maschile, femminile e neutro. Meglio quattro: masculi, fimmini, arrusi e lesbiche- negli anni Settanta ancora non si chiamava gay e mancu a parlarne trans o viados. I brasiliani c’erano in Italia ma si chiamavano, Altafini, Nenè, Canè, Vinicio, Amarildo ecc. e giocavano a calcio, non facevano i paripateci (o le peripatetiche), passeggiatrice, come  gli studenti dell’Accademia di Aristotele. Un bel dato giorno, si presenta in Autoscuola una bellissima signora bionda, con un seno da ammirare e, seppure a prima vista sembrava avesse superato la trentina, era ancora un bel guardare. Niente di nuovo, perché di belle donne intoccabili, per Pietro Sampietro, dall’Autoscuola La Mantia, la patente è già mia, ne erano passate parecchie. Che differenza poteva fare questa bellissima bionda, alta e con un bocca da far pensare a…, e poi era fin troppo perfetta per essere vera. Labbra carnose e denti bianchi e nessuno fuori posto, quasi quasi veniva il dubbio ci fosse stato il “ritocco” di un buon odontoiatra.

“Mi scusi è questa l’Autoscuola del signor Salvatore La Mantia, amico della signora Guendalina della via Roma?”

Giusy rimase un po’ perplessa, non tanto per l’aspetto fisico e il modo troppo vistoso nel vestire della signora, ma per il fatto che non gli risultava che il signor La Mantia avesse un’amica di nome Guendalina, un nome un po’ insolito dalle nostre parti.

“Sì, è questa l’Autoscuola La Mantia-rispose con il solito garbo la bella e bona Giusy- desidera?”

“Prima di parlare, dovrei farle una precisa domanda e mi deve promettere che non si mette a ridere, altrimenti, giro i tacchi e me ne vado”.

“Non è mia abitudine ridere, quando le persone mi rivolgono la parola”.

“Ecco, io, non c’è niente di male al Municipio risulto Castrenze Sofia”.

“E va bene, non vedo perché mi devo mettere a ridere. Castrenze è un cognome come un altro, e allora quelli che si chiamano Culò o per esempio Garruzzo o Cazzullo che devono dire.  Sofia Castrenze, che c’è di male e se poi qualche spiritoso  gli fa la battuta su Castrenze o Crastenze, pazienza!”

“Vede è al contrario: Castenze è il nome e Sofia è il cognome. Non per niente mi mandò qua la signora Guendalina della via Roma che, però, si chiama, Antonino Lo Bocchiaro”.

“E va bene lo stesso. A noi interessa che lei si prende la patente”.

(Dopo, dove la prende- penso maliziosamente Giusy- sono affari suoi.)

“Allora, visto che non si è messa a ridere, le do la tessera e mi scrivo subito. Com’è l’istruttore?

“Un bravo ragazzo, serio e riesce a fare guidare a tutti, signore, signori, masculi, fimmini o scusassi”.

“La prego signorina, non incominci”.

“Complimenti, dalla tessera risulta insegnante elementare, complimenti”.

“Grazie, ma mi è rimasto solo il diploma. Per via di quello che lei capisce,  mi sono presentata al un concorso per insegnanti elementari, e agli orali si sono messi a ridere. Io mi sono alzata e ora lavoro a Piazza Santa Oliva, dove con una collega che si chiama Luana, e gestiamo una boutique”.

“E brava, ancora complimenti. Oltre diplomata è anche sarta”.

“Per la verità, la sarta è Luana che cuce gli abiti maschili. Se poi c’è qualcuno che vuole disegnato un abito particolare e molto fuori dalla norma, ci penso io. Sa sono molto brava a fare abiti che tirano fuori anche l’aspetto femminile che alcuni uomini vogliono, e vogliono evidenziare”.

Ora Giusy, non ci arrivò davvero. In effetti la cosa la meraviglio alquanto, ma dopo i ragazzi con i capelli lunghi, detti capelloni, il ’68, la contestazione giovanile, la moda dei pantaloni maschili senza tasche, il borsello e l’ormai superata, ma ancora di moda minigonna, la modo poteva sfornare di tutto anche abiti maschili e femminili nello stesso tempo. Ma tant’è.

Pietro Sampietro arrivò, come suo solito in perfetto orario e, come sua abitudine andò a guardare l’orario delle lezioni. Giusi sorrideva e rivolta a Sanpietro di Roccaportello, istruttorio pitagogico.

“Oggi, inizia la prima lezione la signorina Sofia. Una bellissima donna. Vedi che puoi fare. Per me questa appena ti vede, impazzisce”.

“Giusy, ma ti va di scherzare. E poi lo sai benissimo per me le allieve sono sacre come le vacche in India”.

“Si, ma questa è speciale, per me, stavolta non resisti al suo fascino e ci caschi”.

Giusy Di Natale, era molto stimata da Pietro Sanpietro e soprattutto, dopo tanti anni, la considerava una bravissima ragazza e non colse lo spirito malizioso della collega, che per quell’intuito tipicamente femminile, già sapeva come sarebbe finita fra Castrenze, la sarta per abiti da uomini particolari e l’ingenuo Pietro Sampietro. Quello che si era fatto sfuggire l’occasione con la signora Vita Santamaria, che ci poteva pure stare, visto che poi era entrata a fare la vita-come si usava dire allora-, ma con la bella e giovane Aida Pitarresi, proprio no.

“Signor Piero, le presento la signorina Sofia. E’ alla sua prima lezione in assoluto ed è un po’ spaventata. Le ho spiegato che lei è un bravo istruttore con tanta esperienza e molta pazienza, in particolare con le signore”.

“Prego, signorina e complimenti all’Autoscuola La Mantia, la patente è già mia per avere in orgasmo, pardon in organico, un così bello istruttore. Mi pare tanto perbene”.

Giusy, ci aveva azzeccato. Pietro Sampietro aveva fatto colpo a prima vista. Un colpo di fulmine che illuminò in viso, ben sbarbato della signorina Sofia, con tanto di fondo tinta da sembrare abbronzata, seppure eravamo ancora a febbraio.

A Pietro Sanpietro, che ingenuo lo era davvero, una cosa lo stranizzò: come mai, stavolta Giusy, l’aveva presentata con il nome di battesimo, quando lei di solito usava, come d’uso, il cognome delle allieve.

Le prime lezioni andavano secondo i canoni abituali. La signorina Castrenze o Sofia, come preferite voi, se chiamarla con il nome o con il cognome, dimostrava buone attitudine alla guida. Un po’ rude nell’afferrare la leva del cambio, ma Sampietro ci perse pochi secondi ad insegnarli come impugnarlo. La signorina Sofia, in verità parlava pochissimo, ma certi sguardi nei confronti dell’istruttore erano inequivocabili. Nessun imbarazzo per Sanpietro, al momento opportuno, se ne sarebbe uscito con la solita tiritere delle allieve sacre e tutto finiva come sempre. Un’allieva delusa, sospetti sugli effettivi gusti sessuali del Sanpietro e disperazione del principale Totò La Mantia, che spesso non riusciva ad incassare l’intera tariffa pattuita, perché molte delle ragazze o più spesso signore non venivano più, perché offese e umiliate da quello stronzo di Sampietro.

“Ma tu sei davvero stronza e buttana come sempre-sbottò un pomeriggio la sarta per uomo con boutique in Piazza Santa Oliva e socia di Castenze Sofia o viceversa-abbandonare la mostra redditizia società e metterti per conto tuo perché ti sei innamorata di un cretino con la laurea che non riesce a vincere un concorso e fa l’istruttore di guida per campare. Ma ti rendi conto che se tu ed io lavoriamo, ra bella, è proprio perché nello stesso locale confezioniamo due diversi abiti. Spesso un uomo entra per “farsi fare” da Luana e in attesa, mentre quel cretino di Totuccio gli spiega la differenza di confezioni, molti dirottano su di te per provare un nuovo abito. Altri attratti dalla novità di questa Sofia, all’ultimo momento ci ripensano e vengono a farsi confezionare l’abito più tradizionale”.

Questo l’amaro sfogo di Luana, ma Sofia non voleva sentire ragioni. Ormai aveva deciso: si sarebbe occupata lei di Pietro Sampietro, campandolo con il suo lavoro di sarta di lusso e avrebbe avuto il suo “coccolino sapuriticchio” tutto per se.

“Mi hanno detto, scusi la mia impertinenza, che lei è laureato in pedagogia, e ha fatto il magistrale. In quale istituto?”. Prese coraggio alla venticinquesima lezione la buona Sofia, che già aveva preparato tutto, perfino trovato il nuovo locale e sciolto la società con Luana. Ma ancora c’era da fare i conto con l’oste, nella fattispecie aveva le sembianze di Pietro Sanpietro, che, come solito suo capiva le cose in ritardo. Non riusciva a capire perché la signorina Sofia continuasse a fare lezioni di guida, dopo che per ben due volte le aveva detto che guidava sufficientemente bene tale da superare facilmente gli esami di guida.

“Al Margherita, perché mi scusi le interessa?” Rispose volutamente a modo suo sgarbato Sanpietro.

“Sa anch’io mi sono diplomata al magistrale, però, al De Cosmi. Ero brava in tutte le materie, ma quel cavolo, ora ci vuole vero la parola, di Agraria non mi calava proprio. Mia madre, povera crista, non mi va a scrivere nell’unica scuola dove si studia un materia in più”.

“Devo presumere, quindi che siamo colleghi. Fa l’insegnante?”

“No, ho cambiato. Lavoro con una socia in una boutique per abiti da uomo in Piazza Santa Oliva. Penso che conosca Piazza Santa Oliva. Perché non mi viene a trovare. Magari di sera, dopo il lavoro. Le prendo le misure e le confeziono un abito che non se lo dimentica più. Sa sono bravissima, almeno così dicono i clienti, sa la mia specialità è… Ma non voglio rovinare la sorpresa. Lei è un così bravo ragazzo che, un pensierino su di lei… Che fa ci fidanziamo. Sono innamorata pazza di te e ormai il pensiero che dopo gli esami di guida non avrò scuse per vederti mi fa stare male. Pietro, ti prego amami almeno un poco di come ti amo io. Lascialo, questo schifoso lavoro. Ti campo io. Ti amo, ti amo, ti amo all’infinito…”

Ma chista è pazza scatenata, ma cu ma misiru i murti. Na che vuole? Penso fra se il buon Sanpietro.

“Ti prego Pietro, non farmi soffrire ancora. Capisco che ti ho colpo di sorpresa. Ti do tutto il tempo che vuoi per pensarci. Ma non mi abbandonare”.

La lezione è finita, signorina Sofia e da domani, sarà il signor La Mantia a completare, se vuole, il ciclo di lezioni di guida. Per me abbiamo chiuso in questo preciso istante”.

Sanpietro, era categorico in questo: quando un’allieva faceva delle avance precise, lui troncava immediatamente e girava la “patata bollente” a La Mantia, la patente è già mia. Nel cambio a La Mantia gli andava sempre bene, lui non aveva mai fatto alcun giuramento. Se le allieve meritavano “due colpi”, non era così fesso come il suo istruttore. Stavolta il “regalo” di Sanpietro non fu gradito dal principale.

“Ma tu si pazzu, Piero, io con i finocchi o travestiti, mai o mummu. Ti l’assuppari tu”.

Venne il giorno dell’esame di guida e, Castrenze Sofia fu promosso.

“Senti mio adorato Piero – attaccò nuovamente Sofia, dopo i saluti-forse non mi vuoi perché hai capito che sono un travestito. Si è vero sono un travestito e faccio la buttana a Piazza Santa Oliva. Ma io ti amo e ho già prenotato l’operazione a Casablanca. Diverrò completamente donna per te. Ti darò tutto l’amore che mai una donna vera potrà darti. Amami, amami Piero. Non mi resta che il suicidio, altrimenti”.

Che vita grama quella dell’istruttore-pensò Pietro Sanpietro-oltre ad una paga da morto di fame, con pochi  diritti sindacali, né contributi previdenziali, né Inail, né buona uscita e pure un matello si doveva innamorare di me.

Volete sapere come finìu,cari lettori?

Ebbene Castrenze Sofia ci andò davvero a Casablanca e diventò donna. All’anagrafe non fu difficile convincere l’ufficiale del Comune a invertire (comprendi l’allusiaone?). Sofia Castrenze, dopo poco tempo si “sposò” o meglio smise di lavorare a Piazza Santa Oliva con il signor Maurizio Di Lorenzo, pensionato di 55 anni delle Regione siciliana. Un appartamento di proprietà e delle terra in quel di Polizzi. Una unione tranquilla.

“Sofia che hai oggi, stai tutto il giorno affacciata al balcone?

“No niente Maurizio, solo un po’ di malinconia. Vedrai ora mi passa”.

Era il 4 di aprile, l’anniversario del giorno in cui la nostra Sofia conseguì la patente. Forse aveva ragione quel “coccolone sapuriticchio” di Pietro Sanpietro. Ho saputo che adesso insegna italiano, storia e geografia di ruolo. Che vita gli avrei potuto offrire. Mantenuto di una buttana, travestito o operata a Casablanca cosa cambiava. Maurizio è una brava persona e mi rispetta per quella che sono e io gli voglio bene. Ma Pietro Sampietro era un’altra cosa. L’amo e l’amerò per sempre. Finirà per trovare un donna vera, no una cosa rifatta comu a mia e magari avrà dei figli che io non gli avrei mai potuto dare e sarà felice.

“Sofia, lo prepari un po’ di the. Deteinato per via della pressione”.

“Si, caro Maurizio. Dopo facciamo all’amore, che dici?”

“Mi pare un’ottima idea. Sofia, sei sempre adorabile.”

Pietro Ciccarelli

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