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Catania dopo il 2 febbraio
A Catania si è tenuta una manifestazione ad una settimana dalla morte di Raciti, in piazza Spedini, il luogo nel quale si sono svolti i fatti che i media continuano a farci vedere.
L’uccisione dell’Ispettore capo Filippo Raciti, avvenuta lo scorso 2 febbraio 2007, ha scosso le coscienze di tutti gli italiani, tifosi e non tifosi. Mentre gli inquirenti continuano ad indagare per assicurare i colpevoli alla giustizia, a Catania si è tenuta una manifestazione ad una settimana dalla morte di Raciti, in piazza Spedini, il luogo nel quale si sono svolti i fatti che i media continuano a farci vedere. Ma cosa pensa davvero la gente, cosa pensano i catanesi di ciò che è accaduto?
Per cercare di comprendere la mentalità e lo stato d’animo dei catanesi, dei giovani cittadini del capoluogo etneo, ho chiesto ad Agatino Lanzafame, vent’anni, studente, catanese.
Agatino, cosa pensi da catanese dei fatti accaduti al Massimino lo scorso 2 febbraio?
I tristissimi fatti accaduti la scorsa settimana al Massimino hanno fatto riflettere profondamente tutti quei Catanesi che come me, amano la propria città. Da Catanese mi sento profondamente responsabile dell’accaduto, poichè, anche se quei 200 teppisti non sono assolutamente rappresentativi della nostra città, chi ama Catania non può considerare questi episodi come un proprio fallimento. Un fallimento che parte innanzitutto dalle istituzioni e dalle agenzie educative. Le istituzioni perchè sono state incapaci di gestire correttamente la sicurezza dell’incontro (e il mio pensiero si rivolge a tutti i teppisti entrati allo stadio senza biglietto e armati di tutto punto), perchè non hanno avuto il coraggio di imporsi e di rimandare una partita a rischio in una data e ad un orario che fosse adeguato alle esigenze di sicurezza, e soprattutto perchè non hanno saputo rendere conforme alla normativa vigente lo Stadio Massimino. Un fallimento che è condiviso dalle agenzie educative, e mi riferisco alla scuola e alla famiglia, che non sono più capaci di educare veramente ai valori della cittadinanza e della convivenza civile (penso all’elevatissimo numero di giovani e giovanissimi fermati per i disordini).
Immagino anche tu sia tifoso: com’è possibile che una manifestazione sportiva che dovrebbe unire invece divide al punto di dar vita alla formazione di un vero e proprio nemico?
Non ho la presunzione di considerarmi un tifoso del Catania, non avendo l’intensa passione che anima migliaia di tifosi che seguono con amore e compostezza la loro squadra (ebbene sì, ci sono anche quelli). ma senz’altro sono un appassionato di calcio che segue con piacere le vicende del Calcio Catania. Personalmente ritengo che il mondo del calcio in generale debba interrogarsi sulle proprie responsabilità, perchè al giorno d’oggi il calcio non è visto più come uno sport, e anche la naturale e comprensibile rivalità tra supporter si è trasformata in un odio inaccettabile e violento. È doveroso che le società di calcio si impegnino a promuovere un’idea di sport come momento formativo ed educativo, dove non c’è spazio per l’odio. È il primo passo è senz’altro recidere di netto, come hanno fatto i presidenti Lotito e Pulvirenti, i legami con i gruppi che propugnano la violenza all’interno degli impianti sportivi.
Come stanno reagendo Catania ed i catanesi?
I Catanesi, così come tutti gli uomini del sud, sono profondamente emotivi, e la morte di un uomo giusto ed onesto quale era Filippo Raciti a causa di una insensata violenza non li ha lasciati indifferenti. E questo è un primo dato profondamente positivo. Come recitava uno striscione ieri durante una assemblea Cittadina convocata in piazza Spedini (oltre 1000 i partecipanti), “la peggior violenza è l’indifferenza”, di conseguenza la straordinaria partecipazione della cittadinanza alle manifestazioni di solidarietà che da una settimana si susseguono nei luoghi dei tragici incidenti fanno ben sperare chi come me crede nella possibilità che i Catanesi possano voltare pagina e costruire una città più vivibile e solidale. Tutti insieme, partendo dalle associazioni di società Civile, dai partiti, dalla Chiesa, dalle Istituzioni, siamo chiamati ad operare in questa direzione. Speriamo che questo entusiasmo però non si spenga con il passare del tempo.
Cosa a tuo avviso è necessario fare per far si che fatti del genere non accadano più?
Per prevenire tali avvenimenti è necessaria un’azione strutturata su diversi livelli. Innanzitutto sul piano repressivo è necessaria una maggiore certezza della pena per chi commette questo tipo di reati. Dal punto di vista della prevenzione ritengo che vadano attuate completamente le normative vigenti circa la sicurezza negli stadi, e vada impedito di giocare negli stadi non a norma, senza alcun tipo di proroga, è importante far comprendere ai teppisti che lo stadio non è un luogo di impunità.
Il secondo e forse più importante livello di intervento è quello da esercitare a livello educativo. È necessario che la scuola sappia formare studenti capaci di essere cittadini del domani, capaci di spendersi per la legalità e la giustizia, in grado di esprimersi e confrontarsi nel rispetto reciproco senza barriere ideologiche e culturali. Per fare questo è necessario investire sull’istruzione e combattere la dispersione scolastica. Ultimo ma non meno importante intervento deve essere condotto dalle amministrazioni, centrali e locali, per combattere il degrado sociale, la povertà (specialmente nelle periferie) e nell’offrire opportunità che diano speranza ai giovani e li allontanino dal mondo dell’illegalità.
Angela Allegria
15 febbraio 2007