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Diritto e comunicazione: uno sguardo d’insieme
Oratore d’eccezione a Giurisprudenza per la presentazione del libro della Prof. ssa Anna Chimenti, avvenuta giovedì 29 maggio 2008, nella cornice di villa Cerami è Giovanni Minoli, direttore di Rai Educational.
“L’incontro – spiega il Prof. Agatino Cariola che introduce – prende le mosse dalla lettura della legislazione radiotelevisiva fatta in un volume, quello di Anna Chimenti, in cui si parla della evoluzione della legislazione in materia. L’autrice, muovendo dal dato storico e continuando sotto il profilo della evoluzione giurisprudenziale e normativa degli ultimi venti anni, lega il fenomeno della regolazione giuridica del servizio radiotelevisivo ai problemi della nostra storia istituzionale”.
Gianni Minoli pone l’accento sui profili dello sviluppo del sistema televisivo nel nostro Paese volgendo lo sguardo al futuro: “Mi sono ritagliato il ruolo di chi prova ad immaginare come sarà il futuro della televisione – spiega – Credo che in esso ci sia troppa tecnologia e pochissimi contenuti, uguali a se stessi, che si ripetono sempre. Esistono, infatti, ormai oltre trenta piattaforme, ma i contenuti non corrispondono alle esigenze dell’uomo”.
La professionalità del racconto alla luce del quale si ha il collegamento fra pubblico e mass media viene meno con la diffusione di internet sul quale è possibile trovare documenti (es. youtube) ma manca il collegamento fra essi. In rete, infatti, si vedono due tipi di prodotti: le “scopiazzature dei vecchi programmi” e “i collage di programmi storici”. “Tutto ciò diviene un grande blob con contenuti di autore ma senza copyright” spiega Minoli.
In tale contesto il direttore di Rai Educational parla di tre paradossi.
Primo paradosso: più canali, meno risorse uguale minor qualità media. E qui si pone il problema dei finanziamenti, ossia se essi debbano venire dall’incremento della pubblicità, dalla riduzione dei costi (programmi sempre più scadenti, tipo quiz o reality) o dagli aiuti statali vietati però dall’Unione Europea.
Secondo paradosso: più canali uguale minor ricchezza dell’offerta, perché si arriva all’aggregazione dei canali (es. google che acquista youtube).
Terzo paradosso: più canali uguale minor condivisione e minor coesione sociale. La possibilità di poter scegliere l’ora di inizio di un progemma crea disgregazione sociale. Per arginare il fenomeno si tenta il mezzo delle visioni a rete unificate.
“Al di là di questa apparenza non sono pessimista perché nella combinazione tra piattaforme si è avuta la comunicazione mediatica per il confronto tra culture estremamente diverse. Il riferimento è ad Al Jazeera e Al Arabia, televisioni che utilizzano le più recenti tecnologie per affermare al mondo l’esistenza della cultura Islamica, tv capaci di contrapporsi a Fox, BBC e CNN”.
Della legislazione in materia radiotelevisiva parla la Prof. Anna Chimenti, docente di diritto costituzionale presso l’Università degli studi di Foggia, alla luce della situazione di emergenza, dove il diritto rincorre la tecnologia. “In un contesto in cui la Costituzione è laconica – spiega – e il legislatore inerte, il compito di supplire è spettato fin dal 1960 alla Corte Costituzionale”.
La prima legge in materia è del 1975 (prima di essa ci si basava su un vecchio codice postale del 1936). Essa regola il monopolio in un quadro in cui già esistono le televisioni private.
Fino al 1990 non ci sono innovazioni in materia. Il 5 agosto 1990 viene emanata, su spinta della Corte Costituzionale, la Legge Mammì, consacrazione giuridica del duopolio. Anche in questo caso un intervento tardivo del legislatore che regolamenta una situazione di fatto presente da venti anni, in un contesto in cui esistono le pay tv (Tele +) ed il problema dell’Antitrust.
A complicare la questione l’ascesa di Berlusconi al governo nel 1994 con conseguente problema del conflitto di interessi.
Nel 1997 la Legge Maccanico cerca di “aggiornare” la Mannì introducendo autorità di garanzia in forma collegiale non più monocratica, e il Mistero delle Comunicazioni. “Ma la fretta di creare l’Agicom – aggiunge la Chimenti – non ha permesso di dare a questa i poteri per operare, facendo sì che l’Agicom divenisse un cane che abbaia ma non morde”.
Ciò ha comportato una serie di questioni sulla competenza fra i vari organi, fino a quando non interviene ancora il legislatore con la Legge Gasparri, legge che purtroppo presenta uno spirito contrario a quello costituente: seppur votata a maggioranza, divide invece che unire.
Ora il legislatore deve guardare al futuro alla luce di internet, telefonia, e pubblicità.
Angela Allegria
3 giugno 2008