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Dolore e morte nelle Troiane di Euripide
Il dolore e la morte, il sacrificio e la schiavitù, la condizione femminile e la deportazione: questi gli elementi delle “Troiane” di Euripide messa in scena a Palazzolo Acreide lo scorso 25 maggio dal laboratorio Dionysos del Liceo Classico Umberto I sulla traduzione di Olimpio Musso.
All’interno della suggestiva cornice del parco Akrai, un’interpretazione intensa, un approccio maturo al testo, approfondito nelle tematiche e nella psicologia del personaggio, un’analisi profonda e consapevole del contesto storico e del pensiero del tragediografo greco, estrema cura nella regia, affidata a Gianni Battaglia, e nei costumi di Carmela Cappello.
Tre modi diversi di vivere il dolore: Ecuba, interpretata da Marianna Occhipinti, è espressiva, distrutta, strisciante nella voce e nel corpo pur conservando sempre la sua dignità regale, Cassandra, Francesca Morselli, alta figura scenica, altera, con gli occhi che si muovono in tutte le direzioni velocemente, cela sotto una finta gioia, sotto al sarcasmo i propri sentimenti e profetizza la fine di Agamennone, Andromaca, Federica Guerrieri, piena di orrore all’idea di “finire schiava in casa di assassini” invidia perfino Polissena, sacrificata al fantasma di Achille. In lei la parola “Grecia” presenta più disprezzo e più ribrezzo dell’idea stessa di schiavitù.
Un crescendo di tensione all’annuncio dell’uccisione di Astianatte, sulla scena il piccolo Filippo Assenza di appena sei anni, che con i suoi abbracci e la candida innocenza sul volto hanno reso ancora più straziante il dolore di Andromaca. “Uccideranno tuo figlio”, poi il silenzio cala impietoso per qualche istante che sempre non finire, per poi lasciare il posto al lamento straziante, alle urla cupe e disperate di Andromaca.
Gli achei hanno distrutto tutto, hanno annientato il nemico, cancellando perfino, con l’uccisione innocente di Astianatte, il futuro di Troia, esattamente come era avvenuto nel 416 a.C. due anni prima degli agoni drammatici nel quale Euripide è secondo dopo Senocle con la trilogia di cui facevano parte Troiane, Alessandro, Palamede ed il dramma satiresco Sisfo. In quell’occasione, infatti, i soldati ateniesi, conquistata l’isola di Melo, colonia spartana, uccidono tutti gli uomini e rendono schiave donne e bambini.
L’ingiustizia che viene commessa nella tragedia, è disdegnata perfino da Taltibio, Lorenzo Salamone, espressione del potere greco, colui che comunica alle troiane l’esito del sorteggio e le iniziative dei nuovi padroni, colui che, innanzi a questa crudeltà estrema, affida alla sua scorta l’esecuzione dell’azione scellerata, disgraziata, contraria all’onore, favorevole solo al potere e alla ferocia degli argivi.
La scorta, interpretata da Leonardo Bengasi, rappresenta l’alter ego dei soldati achei, il loro lato umano, quello che prova sdegno nelle azioni compiute, un escamotage col quale Euripide redime gli achei, come fa, in conclusione con lo stesso Taltibio.
Non si tratta dunque di una tragedia sulla guerra, come molti sono portati a pensare, ma delle conseguenze di essa, degli effetti di un conflitto che non ha lasciato né vincitori né vinti, ma solo amarezza, dolore, morte.
Accanto a questi temi, forte è la presenza femminile, la praticità delle donne nell’ovviare ai mali che si stanno riversando su di loro. Ciò è evidenziato dalla saggezza di Ecuba nel dare conforto alle altre troiane e nel mettere in luce l’astuzia di Elena innanzi a Menelao, dagli inganni di una adulatoria e illusoria Atena, Martina Baglieri, nel lusingare il brillante e dinoccolato Poseidone, Enrico Tomasi, per ottenerne l’aiuto contro i greci che prima lei stessa difendeva, dalla falsa felicità di Cassandra nell’accettare come un “onore” di essere accolta in casa di Agamennone.
Merita di essere segnalata l’interpretazione di Francesca Magnani che ha ridato vita ad un Elena altezzosa, causa di tutto quel dolore, ancora vanitosa e abbigliata con vesti regali, donna che con eloquenza e fascino femminile, non si piega mai innanzi al marito tradito, se non alla fine e solo per un attimo riuscendo in tal modo a far revocare la condanna di morte annunciata da Menelao, Vladimir Randazzo.
Sempre presente sulla scena il coro della prigioniere troiane (formato da Martina Cappello, Flavia Cavallo, Selma Sammito, Giuliana Ansaldi, Francesca Capodicasa) ed i corifei (Angela Porrovecchio e Giulia Gulino) con la funzione di spiegare gli accadimenti e dar vita ai sentimenti dei protagonisti.
Le musiche, composte da Giorgio Adamo, sono state eseguite da un terzetto composito formato da Lorenzo Guardiano al pianoforte, Vito Cutrera al clarinetto e Luca Passafiume al violino.
“Si tratta di un progetto su Euripide che, partito lo scorso anno, con la Medea, parte dalla analisi del testo, l’approfondimento, il confronto pluridisciplinare, per culminare, infine, con la rappresentazione scenica in collaborazione con l’Istituto Nazionale del Dramma Antico” sottolinea il Preside, Prof. Vincenzo Giannone.
“Il recitativo che i giovani interpreti del Laboratorio Dionysos adottano – spiega il regista – restituisce con rigore la struggente parola poetica che segna la scrittura di Euripide. Una parola rispettata nell’impianto morfologico originario, con la sua impetuosa colloquialità ma soprattutto con i suoi dilatati indugi monologanti”.
Angela Allegria
11 giugno 2010