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Ferro e Calamita (seconda parte)
Per diversi giorni le signorine Ferro e Calamita non vennero più a fare le lezioni di guida. Scusa ufficiale: influenza. Dopo qualche giorno un pomeriggio…
“Buon pomeriggio, strutturi dutturi in pidacogia, Santopietro. Avessimo a ragionare. Cicciu u patataru sono, per servilla. Mi conoscono abbastanza tutti nello Riune, e sto appizzanno menza giornata di putìa, causa il suocomportamentale di non persona per i beni nella scuolaguida di me figlia, per servilla, Elvira Calamita. N’acidduzzu, mi sfiorò l’aricchi, che vossìa, dutturi in pidacogia , a mia ma parò mi risulta sulu strutturi, tocca a coscia a me figlia con la scusa della canciata della leva del cambio e ca pure ci fa le battute di spiritu ri patati, per servilla. Io povero sono, ma cu mi tocca a picciridda campa picca. Mi ho spiecato. Lei un cunta nenti e u La Mantia, si voli travagliari, vassìa deve subito scuffare da questo riuni. Sinni devi andare. Mi capìu!!? Un mi comprometto con i miei mani propria e soltanto picchì lei un vali nienti e mancu u so patruni, è nuddu. Senza Matteo Porretto, lo scopino perfetto,chi lo guarda e u zu Pinuzzu chi cumanna e io un ci pozzo mancari ri rispettu. Volenteroso, u facissi a purpiteddi. Ho spiegato tutto. Non dico parulazzi perché faccio il patataru, ma sogno erocato, come nella mia putìa rinomata al mercato. Ho spiecato tuttu:vattini a casa pi sempri, tu e u to patruni”.
Pietro Sanpietro rimase di stucco. Non tanto per le non certo velate minacce du papataru, che comunque, avrebbero messo in apprensione anche l’uomo più coraggioso, quando perché non aveva capito chi era stato l’acidduzzu e quale fatto specifico si riferiva il padre della Calamita.
Intanto, la prima saggia reazione fu quella di non rispondere alla provocazione del Calamita, né per le rime né per la prosa. Disse semplicemente: “ Casco dalle nuvole e sono esterrefatto”.
“Vassìa, il mio caro pidagogico e dottori dei miei… sarà puro astifattu. Io le patate vendo e i sacciu puru mannari. Mi ho spiegato?Deve scuffare… con Porretto e zu Pinuzzu darrieri i spaddi o meno. L’anuri e l’ anuri u signurino nostro sbagliò. Sarà che ha la littura, ma me figlia lei non la vedrà, neanche quando si affaccia al balcone. Abbiamo inteso la parola, significativa. E levati ravanzi, prima che sbaglio e al posto delle patate munnu le cipolle ca fannu lacrimare ai suoi propri parenti. Ho finito e berica alle sue corna, che ci sono cresciute ancora prima ri maritarisi.”
Le due “influenzate” hanno ancora un incontro chiarificatore che non porterà mai più a una pacificazione. Soltanto l’involontaria “forza misteriosa” di Pietro Sanpietro è riuscita a separare il Ferro dalla Calamita
“Caterina, che ci posso fare se a me cominciano a piacere gli uomini. Hai fatto una carognata ai danni di quel povero ragazzo. E’ un ragazzo per bene. E’ meglio di quanto tu pensi. Ha capito che mi piace, ma fa finta di niente e ai miei non troppo velati sguardi si imbarazza e cerca di concentrarsi solo nella lezione.”
“Sienti, nuccidduzza di miei che non ho… Ti piaceva restare sola con me nella tua stanza e non solo a guardare la televisione– rispose la Ferro- ora attruvasti u pinnuluni e vuoi cambiare partito. Sei mia e mia resterai. L’unico sistema pi fariti passari stu capricciu è stato questo e to patri fici giustu. Amuni, facciamo pace. Sanpietro un vali nienti. Si era vero uomo, come minimo, ci aviva a rumpiri i trunza a to patri”.
Qualche giorno dopo il ragionamento con Sanpietro, il signor Francesco Calamita, venditore esclusivo di patate al mercato rionale trovò una sorpresa davanti alla saracinesca del negozio: un teglia con una testa di capretto e un biglietto; i patati e i cipuddi ci mitti tu.
Nel pomeriggio La Mantia chiede spiegazioni al suo istruttore, sulla faccenda Ferro-Calamita, della quale già in buona parte il quartiere ne è già a conoscenza.
“Piero ti devo parlare. L’allieva delle 17,00 può aspettare. Che c’è fra te e la signorina Calamita. Mi hanno detto che hai il vizio di allungare le mani”.
“Ma che dice, signor La Mantia, alla Calamita sto pensando!! Non mi piace. E poi fra il giornale la mattina e l’autoscuola il pomeriggio, anche volendo, il tempo dove lo trovo. Lo vuole sapere il mio parere di tutta sta storia?”
“Sentiamo”.
“La vipera della situazione è la signorina Ferro. E’ scarsa a portare la macchina, mentre l’amica è molto più brava e gli venne la gelosia”.
“A mia interessa una sola tua parola. S’ ammiscaru genti ‘npurtanti e devo dare soddisfazione, a chi di dovere, perché devo lavorare. Ci tuccasti i cosci alla Calamita?”
“E lei mi crede così cretino. Se io tocco le coscie a un’allieva, ci perdo di serietà e anche la possibilità, seppure remota, di un bello schinìu. Se faccio ste puerilità, faccio una offesa a lei e a suo cugino che, a suo tempo, mi ha raccomandato”
“Mi dai la tua parola d’onore?”
“Certo, stia tranquillo. Ambisco a diventare professore o giornalista e, secondo lei, perdo la dignità in questo modo. Mi piglia pi cretinu?.
“A posto, Piero. Ora so cosa devo rispondere a chi di dovere. Non è che la Ferro un ti pari lesbica e troppo mascolina.”
“Bravo signor La Mantia. Ho anch’io ho avuto la stessa impressione. E a Calamita è fimmina e forse un ci sta chiù e chidda scatenò tuttu stu putiferio per gelosia.”
“Piero come è fari cu tia. Sei troppo bello e piaci alle ragazze. Sei anche un ragazzo colto e fai presa. Non ti preoccupare con quelli importanti ci penso io. Da qui non ti muovi. Avissi a chiuriri l’Autoscuola.”
Qualche giorno dopo, Girolamo Ferro, papà della signorina Caterina, si presentò davanti alla putìa di patati di Francesco Calamita, cu l’asclusiva e “l’obbligo” di trattare solo ed esclusivamente patate, nel raggio di 1000 metri. Mentre per la putìa di Mommo Ferro, vigeva lo stesso “obbligo” : l’esclusiva cipolle e aglio nel raggio di 1000 metri anche per Ferro. Le regole valgono uguali per tutti.
“Cicciu, te parrari. Chi è sta storia che hai detto che mia figlia è lespica e ci piaciunu i fimmini e per gelosia , ti cuntò ca u strutturi tocca i cosci a to figlia. Tu, senza u permissu di cu sai , isti a minacciari u duttiri pidagogico. Giurò e spergiurò che lui cosce non ne tocca.
In primmissi: mia figlia Caterina non è lespica e tu ti rimanci a parola; in secundissi, u sai ca tutto la enturraggio dell’scuolaguida La Mantia, la patente è già mia, è cosa pirsunali privata di Porretto, lo scopino perfetto, e supra ci sta u zu Pinuzzu, nescifora.
Ora tu ravanti a tuttu u riuni a diri ca a me picciridda, Caterina si sta faciennu zita e ca Santopietru è una degnissima pirsuna.
Da ora in poi, i to patati ni sbattemu. Quello che deve a scuffare, o scuru scuru, sei tu, no Santopietru. Cercati nautru rione, hai pestato i piedi a troppa genti. Addiu Cicciu”.
Nel giornale del pomeriggio.
Ancora un’intimidazione mafiosa nel popolare mercato cittadino. Dalle prime indiscrezioni sembra che non sia problema di estorsioni, ma di gelosie di mestiere fra il fruttivendolo Girolamo Ferro, specializzato in cipolle e il signor Francesco Calamita, specializzato nella vendita di patate. La storia però sempre più ingarbugliata e si parla apertamente di questioni di natura sessuale. Non è ancora chiaro il movente che ha portato a convincere il signor Calamita ha fuggire nottetempo con tutto la mercanzia dal negozio. Nei giorni precedenti davanti alla saracinesca del negozio il signor Calamita aveva trovato la ormai classica testa di capretto con un inequivocabile biglietto intimidatorio.
Ancora indiscrezioni, non confermate dagli inquirenti, parlano di clamorosa rottura di amicizia trentennale fra le famiglie Ferro e Calamita, per motivi di natura passionali. Massimo riserbo da parte degli inquirenti. Le figlie Caterina Ferro ed Elvira Calamita, frequentavano assieme un corso per conseguire la patente.
Sarà una casualità, ma entrambe le ragazze si sono ritirate anzitempo dal corso, dopo l’atto intimidatorio nei confronti del Calamita e la ventilata rottura dei rapporti fra le due famiglie. Interrogato sull’argomento il titolare dell’Autoscuola afferma, con certezza, che è un caso puramente casuale.
Pietro Ciccarelli