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Feudo Arancio, l’ombra di Messina Denaro
Un controllo da parte della guardia di finanza porta al sequestro preventivo della cantina e al blocco dell’ultima trance del contributo dell’Unione Europea concesso e già in parte erogato: questo ciò che è avvenuto ad Acate lo scorso 27 luglio, esito dell’operazione “Old town” coordinata dal Procuratore di Ragusa Carmelo Petralia.
Si tratta dell’azienda vinicola Feudo Arancio, i cui stabilimenti operano a Sambuca di Sicilia in prov. di Agrigento e ad Acate, in contrada Torrevecchia per un totale di mille ettari. Il procedimento interessa proprio quest’ultimo stabilimento che si estende per 652 ettari, un territorio immenso, un regno che fu prima di una società collegabile ai cugini Nino ed Ignazio Salvo, gli esattori di Cosa Nostra per intenderci.
L’operazione prende vita a fine 2009 tramite un controllo eseguito dalle fiamme gialle in seguito all’erogazione di un contributo dell’Unione Europea pari a 4,3 milioni di euro. Da ciò è emersa una presunta frode ai danni dello Stato e dell’U.E. in quanto la Future Tecnologie Agroalimentari srl (Fta), che nel 2006 ha acquistato la cantina dal gruppo Mezzacorona, in realtà è proprietà del medesimo gruppo. Infatti, l’81% di essa è di Fabio Rizzoli, amministratore delegato del gruppo Mezzacorona, mentre il restante 19% risulta appartenere alla Nosio spa, subholding dello stesso gruppo, la quale ne controlla tutte le attività di capitale e le partecipazioni strategiche e conta 400 soci.
Una vendita fittizia, come anche apparente è stata la creazione di nuovi posti di lavori in quanto non si è proceduto a nuove assunzioni, bensì allo spostamento di alcuni dipendenti da un’azienda ad un’altra sempre all’interno dello stesso gruppo.
Scatta in tal modo la denuncia ad otto indagati: Fabio Rizzoli ed il figlio Claudio, il quale procede materialmente alla vendita, Luca Rigotti, amministratore della Nosio, Guido Conci, presidente del Gruppo Mezzacorona, Paolo Carli, consigliere d’amministrazione, Salvatore Cacciatore, dipendente della Fta ed unico locale, B. C., consulente, Ferdinando Musco Castagna, funzionario della Banca Nuova di Palermo.
Eh si, perché in questa complessa vicenda ci sta anche il funzionario della banca concessionaria che pare non abbia svolto i controlli in modo meticoloso prima di concedere il contributo.
E poi siamo in terra di Sicilia, e vista la passata gestione, viene al colonnello Fallica, colui che sta svolgendo le indagini, anche il sospetto di una presunta infiltrazione mafiosa.
Ad avvalorare questa tesi è la presenza all’interno del collegio sindacale della Fta di tre soggetti nati tutti a Castelvetrano, oggi centro nodale di Cosa Nostra: Vito Stallone, presidente del collegio, Giovanni Italia, sindaco effettivo e Giovanni Falsetta sindaco supplente.
La cosa che fa pensare, il collegamento strano è dato proprio da Stallone, il commercialista di Giuseppe Grigoli il quale a sua volta è collegato a Matteo Messina Denaro per reinvestire il denaro nella grande distribuzione.
Inutile negare che Rizzoli e gli esponenti del Gruppo negano la truffa, come anche la consapevole o meno possibile presenza di interessi mafiosi nelle loro attività.
Ed infatti agli indagati sono contestati gli artt. 640 bis del codice penale ossia la truffa aggravata e il 416 c.p. ovvero l’associazione a delinquere semplice e non il 416 bis, ossia l’associazione di tipo mafioso.
Lo scorso 24 settembre la Seconda sezione del Tribunale di Ragusa a cui si erano rivolti i difensori di Rizzoli per richiedere il riesame avverso il sequestro preventivo, ha dichiarato la sua incompetenza territoriale in quanto “nella specie, gli artifici e raggiri sono consistiti nella stipula dei due contratti di compravendita tra le società succitate (NOSIO S.p.a. – Villa ALIBUS Soc. Agr. a.r.l. – F.T.A. S.r.l.), in data 29.03.2005, in territorio di Trento” e quindi il conseguente ingiusto profitto si è verificato in territorio di Trento essendo state in concreto versate le prime due quote di tale contributo mediante l’emissione di un mandato di € 2.911.124,00 da accreditarsi a sul c/c Bancario intestato ad F.T.A. S.r.l. presso la Cassa di Risparmio di Bolzano – Agenzia di Trento.
Pertanto a pronunciarsi sarà non sarà più il Gip di Ragusa, ma quello di Trento.
Al fine di capire meglio la complessa vicenda abbiamo chiesto al colonnello Francesco Fallica, comandante provinciale della Guardia di Finanza e in passato rappresentante dell’Italia al Comitato di lotta alla frode dell’Unione Europea, di rispondere a qualche domanda.
D: Colonnello, ci vuole parlare dell’operazione “Old town”?
R: Si tratta di un argomento interessante da molti punti di vista: sociologico economico. C’è una grande azienda, il gruppo Mezzacorona che viene in Sicilia per comprare due grandi feudi dalla famiglia Salvo. Questo non è di per sé un comportamento illecito, però nella nostra esperienza abbiamo imparato che quando un mafioso vende – perché qui parliamo di una famiglia mafiosa che ha fatto i soldi perché erano i c.d. esattori della mafia – lo può fare per diversi motivi come ad esempio perché può subire un sequestro o può fare un fallimento pilotato oppure entrambe le cose. Tali vendite sono interessanti anche perché spesso le vendite sono simulate, spesso si paga in contanti e nel caso dei mafiosi è importante capire il giro che questo denaro compie. E sapendo che il venditore del feudo era la famiglia Salvo ci volevamo già capire qualcosa di più allora.
Un giorno mi arriva il c.d. art.10. Questo è un segnale che arriva a tutte le forze di polizia e che funge da campanello d’allarme quando un’azienda sta per prendere un contributo, un appalto o comunque contratta con la Pubblica Amministrazione, al fine di verificare se ci siano infiltrazioni mafiose all’interno della stessa.
D: Cosa avete notato di strano?
R: Nel caso specifico ci sono diverse anomalie: non si tratta di soggetti siciliani (i siciliani siamo obiettivo 1 per quanto riguarda i contributi da ottenere sul territorio), la cantina già esisteva in contrada Torrevecchia.
Andando nello specifico mi sono reso conto che l’intero collegio sindacale era formato da soggetti di Castelvetrano e proprio il presidente è Vito Stallone, il quale, come attestato dalla Questura di Trapani, è il commercialista di Giuseppe Grigoli.
Giuseppe Grigoli è in atto detenuto per associazione a delinquere di stampo mafioso, definito il cassiere della mafia trapanese. Vito Stallone che sta nel collegio sindacale della è il commercialista di Grigoli, inserito nelle società dello stesso e questo è attestato dalla Questura di Trapani. Ogni attività economica ha sempre destato l’interesse della mafia. Se poi questi interessi sono rimasti fuori dalla porta, se sono entrati dentro casa o sono diventati proprietari io non mi accampo a dirlo, ma ripeto che ci sono interessi mafiosi che vanno dai cugini Salvo ad oggi a Matteo Messina Denaro. Il collegamento Vito Stallone, Grigoli Giuseppe Matteo Messina Denaro è un’autostrada. Il collegamento c’è ed è fortissimo.
Inoltre il campiere, l’uomo di fiducia del feudo, è lo stesso che c’era quando la tenuta era di proprietà dei Salvo.
D: Come avveniva la truffa?
Già dal primo momento la truffa è stata chiara. C’è la vendita di una cantina all’interno dello stesso gruppo pagata dallo Stato.
Inoltre, quando viene dato un contributo oltre alla realizzazione di un obiettivo, in questo caso la riattivazione di una cantina il programma Sikelia prevedeva anche che fosse data una svolta occupazionale, incremento che nel caso di specie non c’è stato perché sono stati presi alcuni dipendenti di Nosio e Villa Albius società facenti parte del gruppo e sono stati passati alla FTA che è per l’81% di Fabio Rizzoli, amministratore delegato del gruppo Mezzacorona, e per il restante 19% della Nosio, azienda facente parte del medesimo gruppo.
D: In che termini è stato effettuato il sequestro preventivo?
R: Qui ho doluto salvare due situazioni principali. In primo luogo ho voluto conservare i soldi dello Stato. Il nostro simbolo è un grifone con la mano sul forziere. Io ho voluto rimettere la mano sul forziere e per fare ciò ho bloccato la somma di 1.455.564 euro presso il Ministero delle attività produttive e ho sequestrato la cantina che vale 2 milioni e mezzo di euro. Non ho mandato a casa nessuno, non ho detto chiudiamo tutto perché c’è il sequestro, ho avuto senso di responsabilità neanche di andare a sequestrare i soldi all’azienda perché spesso per i signori i soldi ci sono, per gli operai non ci sono mai per far sentire il peso della pressione politico-sociale, almeno così ci fanno sempre pensare. Per evitare ciò e garantire comunque i soldi allo Stato ho messo un’ipoteca sulla cantina. Di conseguenza se la società vende c’è prima lo Stato.
Il mio secondo obiettivo è quello di non far perdere il lavoro a nessuno, anzi di continuare a lavorare. Non ho voluto dare fastidio a nessuno, ho fatto solo il mio lavoro. Qualcuno ha obiettato sul fatto che sono andato con l’elicottero, ma vista l’estensione del territorio, ben 652 ettari, non si poteva fare altrimenti. Il diritto di proprietà non limita il potere della magistratura di fare una perquisizione e nel caso specifico questa era autorizzata dal Procuratore della Repubblica di Ragusa.
D: E il coinvolgimento della Banca Nuova?
R: La banca concessionaria secondo noi non si è azionata in maniera virtuosa. Nella richiesta di contributo la banca deve fare una serie di riscontri. Sarebbe stato semplice riscontrare che la vendita è avvenuta all’interno dello stesso gruppo. Noi non denunciamo tutta la banca, ma solo il funzionario che ha trasmesso la pratica che fra l’altro indica che ci può essere una vendita a se stessi, ma poi la sottace. È come se gliela desse a denti stretti, senza approfondire la questione. Proprio per questo abbiamo segnalato alla Procura la responsabilità penale di questo soggetto.
D: A che punto è il procedimento?
R: Dal punto di vista amministrativo si deve verificare se è giusto che il contributo venga erogato, da quello penale c’è un procedimento in corso per appurare se esistono responsabilità.
Non è il primo servizio che facciamo su questo caso. Arrivano parecchi contributi europei che abbiamo verificato e continuiamo a verificare. Questo ci è saltato agli occhi per via del collegio sindacale composto da soggetti di Castelvetrano ed è necessario verificare se, in un luogo come il Feudo Arancio, nel quale prima c’erano infiltrazioni mafiose, ci siano ancora interessi del genere anche se sappiamo che ora ci sono dei trentini che non sono mafiosi, ma dobbiamo verificare se per caso hanno fatto entrare qualcuno e non se ne sono accorti.
Secondo me questo dei contributi erogati dallo Stato è un settore molto importante anche per la gente, ci sono tanti imprenditori giovani che vorrebbero entrare.
Mi auguro che i ragusani possano restare a Ragusa ed essere messi in condizione di svolgere nella propria terra il loro lavoro tramite anche i contributi dati a chi li spenda nel territorio.
Angela Allegria
Ottobre 2010
In Il clandestino con permesso di soggiorno