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Giochi di luci ed ombre
“Il paesaggio bisogna viverlo”: con queste parole il pittore Giorgio Modica invita a guardare ai suoi dipinti, con la semplicità dello sguardo attento, ma anche attraverso il filtro della realtà.
Si è conclusa da poco la sua personale tenutasi a Palazzo Grimaldi, una mostra composta da paesaggi e da nature morte, due soggetti diversi nella percezione e nella rappresentazione dell’artista.
Particolari, scorci di fiori dai colori intensi e suggestivi, carrubi secolari sui cui tronchi si possono notare i solchi profondi scavati dal tempo, la ramificazione che porta alle chiome verdi protese verso il cielo come braccia che tendono all’Eterno, la presenza, la stazza di chi sta lì da tanti anni ed infonde sicurezza già dal primo sguardo. Campi di grano dorato che si fondono con il cielo, prati delimitati da muri a secco formati da pietre bianchissime, accumulate insieme in un’armonia sistemica.
Luci ed ombre si susseguono in una sorta di gioco che si rinnova ogni istante. Queste le caratteristiche dei paesaggi di Giorgio Modica, scenari della campagna modicana, dove lui stesso si reca con tela, tavolozza e colori per fissare un attimo che non può essere più ripetuto.
Le case nei paesaggi sono come abbozzate, quasi senza finestre, segnali anonimi della presenta sconosciuta dell’uomo all’interno di una natura incontaminata formata da carrubi ed ulivi.
Accanto a questi le nature morte con le arance rotonde e i fiori sui cui petali si posa la luce che dà vita ora ad ombre ora fa brillare i colori intensi. Alzate con frutti sembrano potersi toccare assaporare, con le pere corpose, gli acini succosi, i melograni dai colori autunnali, scavati all’interno per coglierne l’essenza, il gusto agrodolce e dissetante.
Le piante sono poste come se l’osservatore si trovasse su un balcone o all’interno di una casa dove si possono ammirare le stelle di Natale fiorite o un tavolo con un vaso di rose lasciato incompleto da una donna che magari è dovuta andare a rispondere al telefono.
Passato il periodo dello sferismo all’interno del quale Giorgio Modica chiude il suo paesaggio quasi stilizzandolo, rendendolo all’essenzialità geometrica, è ritornato al figurativo, ma non in maniera manieristica, bensì con la voglia e l’energia di sperimentare sempre nuove forme di rappresentazione della realtà.
Angela Allegria
Maggio 2011
In Il clandestino con permesso di soggiorno