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Gli aspetti psicologici del c.d. bullismo
Gli eventi di cronaca accendono spesso i riflettori su scenari sempre più diffusi: il bullismo e, adesso, con la diffusione dei social network, il cyber bullismo.
Un fenomeno violento, i cui fatti di cronaca, spesso, costituiscono solo la punta di un iceberg, celando un mondo sotterraneo fatto di sopraffazioni, umiliazioni, insulti, violenze fisiche e morali.
I luoghi dove questo si può manifestare sono diversi: in primis la scuola, ma anche la famiglia, la comitiva, il gruppo.
Abbiamo chiedo al dott. Luca Saita, psicologo e psicoterapeuta, qualche delucidazione sulle cause e sulle manifestazioni di tale fenomeno.
Dott. Saita, da dove trae origine il bullismo e come si manifesta?
Il bullismo trae origine da un meccanismo di difesa chiamato “identificazione con l’aggressore”. Per via di questo meccanismo di difesa psichico, chi subisce una violenza, un’aggressione o un’offesa, vivendo penosi sentimenti di paura e di vergogna, cerca di superare questi sentimenti di impotenza “identificandosi” con l’aggressore, cioè mettendosi al posto di questo e facendo vivere i suoi stessi sentimenti a un’altra vittima. Così facendo, la mente della persona cerca di liberarsi di un vissuto, che è fondamentalmente di “impotenza”, facendolo vivere a un’altra, come cercando di passarlo. Questo di certo non libera la persona dai suoi vissuti, così questa continua a ripetere le stesse violenze che ha subito sugli altri.
Nella fattispecie del bullismo, parliamo di bambini e di adolescenti, che spesso ripetono un atteggiamento:
1. o che hanno vissuto
2. o che hanno visto da parte di altri adulti, e che ripetono per imitazione.
Il bullismo si manifesta con prese in giro, esclusioni dal gruppo, scherzi umilianti, minacce, furti e percosse. Questi sono atti ascrivibili al bullismo se attuati in modo continuativo e con frequenza verso una vittima predestinata.
L’avvento sempre maggiore dei social network fa aumentare i casi di Cyberbullismo. Come si manifestano?
Il cosiddetto Cyberbullismo si manifesta tramite una prevaricazione perpetrata tramite mezzi di comunicazione, quali telefonate, sms, mms con testi o immagini offensive, volgari e minacciose, oppure attraverso la diffusione di informazioni private e calunnie attraverso internet. Implica assenza di relazione e di contatto diretta vittima-bullo. Fondamentalmente consiste in un’estensione del bullismo attraverso i contatti informatici o digitali, che sta prendendo molto piede nel mondo attuale.
Dall’analisi dei casi di cronaca spesso si nota come gli episodi di bullismo sono spesso nascosti: come può per mesi o addirittura per anni un ragazzo o una ragazza tenersi dentro tanta sofferenza?
Sono proprio i sentimenti di vergogna, paura e impotenza che portano i ragazzi a tenersi dentro questi vissuti. Per questo motivo molti di loro arrivano o a compiere gesti autolesionistici, oppure a diventare “bulli” a loro volta. Ciò di cui le persone parlano meno, infatti, sono proprio le loro paure e le loro vergogne. Spesso manca anche un ascolto empatico in grado di comprendere tale disagio e di permettere al bambino di aprirsi.
Perché è così difficile da parte di insegnanti e genitori accorgersi di tale fenomeno?
Perché spesso le persone più cieche sono proprio gli adulti: in questa società siamo così abituati alla violenza che quasi non ci si fa più caso. Sicuramente in quel contesto gioca anche il fatto è che sia il bullo sia la vittima tendono ad occultare le loro azioni e i loro vissuti.
Cosa può fare la scuola?
La scuola può attuare dei programmi di prevenzione, spiegando ai bambini cosa sia il bullismo, che certe forme di violenza non devono essere assolutamente tollerate, e aprire degli sportelli di ascolto psicologico per i minori, creando così un “orecchio” in grado di accogliere certe forme di disagio e di dare delle risposte concrete.
E i genitori?
I genitori sono quelli che hanno il compito più importante. Da una parte, infatti, devono tutelare i loro figli da situazioni conflittuali familiari intollerabili per un bambino, e non far vivere a questi traumi e maltrattamenti, e da un’altra parte devono prestare molta attenzione ad essere sempre in ascolto dei loro figli e dei loro vissuti. Diciamo che un genitore per un figlio rappresenta un esempio, oltre che un punto di riferimento, quindi la famiglia è una base fondamentale.
Come far passare un messaggio positivo per porre fine o quanto meno arginare tale fenomeno?
Bisognerebbe proporre una campagna di sensibilizzazione verso questo fenomeno, così da poter incoraggiare le vittime ad aprirsi e a parlare con gli adulti di riferimento, per poi intervenire sui “bulli” per comprendere quali fattori possano portare certi bambini e adolescenti a esprimere tanta violenza. È bene tenere a mente, infatti, che il bambino violento di oggi, sarà l’adulto violento di domani.
Angela Allegria
Novembre 2013