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Il mare nella voce di una isolana: Giuni Russo
Nata a Palermo come Alessandro Scarlatti, Giuni Russo amava definirsi “isolana” per la nascita, per l’infanzia trascorsa ad Ustica, per la vita vissuta in Sardegna. Il padre pescatore gli aveva “lasciato in eredità il mare” che Giuni porterà sempre nel cuore. Esso insieme al sole le riscalda l’animo, le illumina la vita, influenza le sue opere.
“Artista libera” come è definita da Maria Antonietta Sisini, sua compagna di vita, ritiene l’album “Energie” scritto con Franco Battiato nel 1981, il più rappresentativo di tutta la sua carriera. Acuti interminabili, modulazioni estreme, passaggi da una tonalità all’altra all’interno dello stesso verso, dolcezza ed irruenza, passione e trasporto, innovazione e tradizione: questi i caratteri delle canzoni dell’artista siciliana. Scrive Giombattista Brambilla: “Una voce regina che le influenzò l’intera esistenza. Un talento eccezionale, pesante da portare come una maledizione: suo Amore e Dolore Sacro. Voce unica e riconoscibile sin dalla prima nota. Acuta e mediterranea, dai canti religiosi da bambina fino alla fedele riproduzione degli echi liberi e nostalgici dei gabbiani sulla spiaggia.”
Nel 1968 è voce debuttante a Sanremo con il suo vero nome, Giusy Romeo. “Sanremo le fa indossare, ancora minorenne, il primo abito da grande, fuori misura: “No amore”, canzone che resta impressa solo per la voce, anch’essa extra-large. Dal Festival se ne torna con un labiale della tromba di Louis Armstrong, regalo speciale” scrive Mocciola. Chi divenne e chi fu Giuni Russo è storia, successi ottenuti non solo grazie alle hit estive come “Un’estate al mare”, ma soprattutto per le canzoni che, dall’album: “A casa di Ida Rubinstein” rompono gli indugi ed aprono il fronte della musica di confine. Vere poesie i suoi versi vellutati sono cantati da una voce strumentale, capace di fondersi con la musica perché fatta della stessa materia.
La particolarità di tale artista è legata alla rielaborazione dei grandi maestri, ripresi, rispettati ma riproposti in veste nuova, attuale, insolita. La musica napoletana con la quale la madre cullava Giuni torna alla mente della stessa che compone “Napoli che canta”, suite musicale a commento dell’omonimo film del 1926 di Roberto Leone Roberti, presentato al Festival Internazionale del Cinema Muto. È l’ultima apparizione in pubblico di Giuni, quella stessa Giuni che poco tempo prima aveva cantato a Sanremo “Morirò d’amore”. Per Maria Antonietta Sisini, la quale, come dice Mocciola, “con Giuni ha vissuto le discese ardite e le risalite di uno dei mestieri più difficili possibili”, Giuni è sempre viva, non è un ricordo e da viva vuole riproporla al pubblico. Il 19 ottobre dello scorso anno esce “The Complete Giuni”, frutto di un meticoloso lavoro di ricerca e recupero condotto da Maria Antonietta Sisini, distribuito da Radiofandango.
La raccolta segue un filo cronologico dal 1968 al 2004 riproponendo brani storici, versioni inedite e inediti assoluti. Il cofanetto distribuito contiene 3 cd e 49 canzoni, da “Morirò d’amore” a “Moro perché non moro”, da “Un’estate al mare” a “Mediterranea”, da “Crisi metropolitana” a “Lettera al governatore della Libia” a “Il sole di Austerlitz”. A breve distanza dalla pubblicazione, sempre per Radiofandango, arriva “Giuni Russo La sua figura”, docufilm di Franco Battiato, prodotto anch’esso da Maria Antonietta Sisini. Esso traccia un inedito ritratto artistico e umano della grande cantante siciliana, recuperando preziosi filmati d’archivio che vanno dalla partecipazione di Giuni al Festival di Sanremo del 1968 alle ultimissime apparizioni in televisione poco prima della sua prematura scomparsa .
All’interno oltre alle parole di Battiato in apertura è commovente e suggestiva la testimonianza di una carmelitana scalza, un suora che parla del profondo legame che ha legato Giuni Russo a Santa Teresa D’Avila e alle sue suore che il 14 settembre 2005 le diedero con i loro canti l’estremo saluto.
Angela Allegria
2 febbraio 2008