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Il Romanticismo di Ernani in scena a Catania
Opera contenente il più bel verso della letteratura italiana, “Udite tutti del mio cor gli affanni”, come scrive Umberto Saba nella Scorciatoia 113, l’Ernani di Verdi è andata in scena al Teatro Massimo Bellini di Catania a partire dal
L’opera, il cui libretto è di Francesco Maria Piave, è stata diretta dal maestro Antonio Pirolli, per la regia di Beppe De Tomasi, il quale ha messo in scena più di centoventi titoli ed ha realizzato, fra l’altro, tutte le scene liriche per il film su Giacomo Puccini di Sandro Bolchi.
La scena si apre con un drappo che, sulle note degli archi, diviene sempre più trasparente per mostrare i ribelli i quali, insieme ad Ernani, brindano nella foresta ricca di elementi gotici come il rudere e di colonne classiche sulle quali è adagiato un drappo rosso.
Anche i costumi sono molto curati in questa scena come nelle altre: mantelli neri, cappelli con lunghe piume, stivali, spade alla cintura.
Le trombe prorompenti sottolineano la duttilità, l’energia della scena e dei suoi personaggi.
Protagonista è Ernani, a cui ridà vita Marcello Giordani, tenore siciliano, originario di Augusta, dalla voce duttile e decisa, capace di esprimere il romanticismo del pretendente al trono e al cuore di una donna, Elvira, interpretata da Iano Tamar, che compare solo nella seconda scena.
Oltre ad Ernani i pretendenti alla mano di Elvira sono altri due: lo zio, Ruy Gomez de Silva, grande di Spagna e il futuro Carlo V.
Nei panni di re Carlo, Nicola Alaimo, evidenzia una forte presenza di scena, una voce calorosa, carica, come sono incisive le parole con le quali lusinga Elvira chiedendola in sposa.
Si instaura così un grazioso duetto che evidenzia la natura di stampo romanticistico dell’opera tratta dall’omonima di Victor Hugo, un botta e risposta che con parole precise indaga sui misteri dell’amore. Dice, infatti, Elvira rifiutando: “Ogni cor serba un mistero”. Ribatte Carlo parlando d’amore, “Da quel dì che t’ho veduta bella come un primo amore, la mia pace fu perduta, tuo fu il palpito del core. Cedi, Elvira, a’ voti miei: puro amor desio da te; ah gioia e vita essere tu dei del tuo amante, del tuo re”.
Ma, al ripetuto rifiuto della donna mostra la sua arroganza, l’altezzosità, la superbia del re.
Gomez de Silva, Giovanni Parodi, esprime appieno i valori cavallereschi non tradendo colui che gli aveva chiesto protezione a costo della propria vita, ma pretendendone nel finale la morte.
Nel finale le due figure di uomini di potere divergono fra di loro: se Carlo, una volta incoronato, ricongiunge le mani di Ernani ed Elvira sollevando lo stupore e la sorpresa dei protagonisti e del popolo che urla “sia lode eterna, Carlo, al tuo nome”, il nobile Silva richiede il pagamento del pegno, la vita di Ernani.
Connubio delizioso fra cori diretti da Tiziana Carlini, archi, percussioni, fiati ed i movimenti del Maestro Pirolli, vero dominus dell’opera.
Suggestivo l’intervento dell’arpa di Giuseppina Vergine che si esprime durante l’incoronazione di Carlo V, con un suono limpido, fluente a cui si aggiungono i pizzicati dei violini dell’orchestra del Teatro Bellini.
Angela Allegria
07 maggio 2009
In www.modica.info