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In Italia manca una vera regolamentazione della prostituzione
Il dibattito sulla tolleranza o meno della prostituzione coinvolge tutti i Paesi dell’Unione Europea, i quali, in assenza di direttive comunitarie, hanno sviluppato approcci assai differenti al fenomeno, ora proibendolo, ora abolendolo, ora regolandolo.
Fine comune è la lotta allo sfruttamento della prostituzione che, talvolta, viene fatta attraverso la previsione di misure sociali e di accoglienza a favore di persone in pericolo di prostituzione o che vogliono abbandonare la prostituzione stessa, come ad esempio ha fatto la legge francese del 1996.
Secondo il progetto di ricerca “Study on National Legislation on Prostitution and the Traffing in Human Beings” finanziato dal Parlamento europeo a Transcrime e condotto nel corso del 2005, è possibile dividere in quattro grandi aree i 25 Paesi europei, a seconda del modello usato nell’approccio al problema.
Nel progetto, infatti, si distingue fra:
• “Abolizionismo”, in base al quale lo Stato non proibisce la prostituzione indoor né quella outdoor. In tale modello la prostituzione fra adulti è tollerata, mentre lo sfruttamento viene punito;
• “Neo-abolizionismo”, sviluppo del precedente, in esso la prostituzione non è proibita, tuttavia è esplicitamente proibita l’esistenza di case di tolleranza;
• “Proibizionismo”, modello secondo il quale sono previste sanzioni a carico sia della sexy workers, sia del cliente;
• “Regolamentarismo”, nel quale è lo Stato a dettare una regolamentazione della prostituzione.
All’interno del primo modello è possibile prendere come esempio la legislazione slovena, a partire dal 2003. La nuova legislazione ha il fine di eliminare la reclusione a cui erano sottoposte le meretrici nel vecchio regime, secondo il quale la prostituzione era proibita, e ha lo scopo di aumentare le pene per gli sfruttatori.
Esempio di politica “neo-abolizionista” è dato dalla legislazione francese. In essa, infatti, le case di tolleranza sono esplicitamente proibite, come d’altronde è avvenuto in Italia in seguito alla c.d. legge Merlin, mentre si sono create delle c.d. zone grigie nelle quali la prostituzione outdoor è tollerata.
La legge svedese, “Proibizione dell’acquisto di servizi sessuali”, entrata in vigore il 1 gennaio 1999, può essere collocata all’interno del terzo modello analizzato. Essa considera l’acquisto di servizi sessuali una violenza grave contro la persona umana. Coloro che si avvalgono di prestazioni sessuali offerte da persone che esercitano la prostituzione sono puniti con una multa o con la reclusione fino a sei mesi. Sono puniti solo i clienti perché le passeggiatrici sono considerate vittime di atti di violenza, una forma di violenza degli uomini nei confronti delle donne.
La legislazione tedesca, viceversa, cerca una regolamentazione del fenomeno mettendo l’accento sullo stato di necessità o di abbandono preesistente ad essa che la determina. Infatti, nel codice penale tedesco si tutelano sia i cittadini tedeschi che quelli stranieri dallo sfruttamento del loro corpo e della loro libertà personale alla luce della Convenzione per la repressione della tratta degli esseri umani e dello sfruttamento della prostituzione, adottata a New York il 21 marzo 1950.
In Germania le meretrici sono considerate lavoratrici legali che possono esercitare in proprio o come dipendenti. Esse hanno accesso ai programmi di assistenza sociale tra cui quello sanitario e previdenziale.
La stessa cosa avviene in Olanda. Qui, infatti, le prostitute sono considerate lavoratrici a tutti gli effetti, con diritti e doveri scaturenti da tale condizione. Non sono soggette a controlli sanitari, perché ciò violerebbe la loro privacy.
E in Italia? Come si cerca una regolamentazione del fenomeno?
Chiuse le case di tolleranza, la prostituzione outdoor è l’unica tollerata dallo Stato, ma le lucciole spesso sono costrette a svolgere la propria attività al freddo e al gelo, immerse nella nebbia e prive di ogni controllo. Per il resto esiste una lacuna nell’ordinamento giuridico nazionale.
A volte si procede, come nel caso di Milano e dintorni, all’erogazione di multe ai clienti, sul modello svedese, altre volte, come nel caso della proposta di legge Bossi-Fini-Prestigiacomo, si propone oltre alla multa per il cliente, l’arresto fino a 15 giorni per la prostituta.
Ma non bisogna dimenticare che esercitare in modo consapevole la prostituzione outdoor non è considerato reato in Italia e che si parlerebbe di una consuetudine diffusa fra le meretrici: nel caso di multa al cliente, la prestazione successiva sarebbe considerata omaggio.
Angela Allegria
19 novembre 2007