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“La giostra delle possibilità” di Giuliana Degl’Innocenti
Una giostra, un “mago”, una studentessa fuoricorso in una città di provincia. E poi picche, fiori, cuori, quadri: attraverso i semi figurati di un mazzo di carte da gioco si sviluppano le loro storie come un viaggio tra i tarocchi che ne abbraccia i vissuti, le amarezze, le oppressioni, le svalutazioni, le sopraffazioni, i dolori, e poi una vicinanza che può essere percepita dall’esterno come dipendenza, convenienza e che fa presagire la più infausta delle conseguenze.
Nasce così il nuovo romanzo di Giuliana Degl’Innocenti, “La giostra delle possibilità” (edizioni Convalle), in un periodo, quello del lockdown che ricorda proprio un picche, ma che l’autrice ha saputo trasformare riempiendolo di creatività e intelligenza. Allo stesso modo i due personaggi, Greta e Sebastiano conducono la loro vita sotto l’oppressione di una società che, impegnata nella produttività e nel successo, non si rende conto dei sentimenti umani, dei dolori, delle sensibilità degli altri, del loro essere interiore.
Un picche che presenta due personaggi comuni, i quali per caso o per “destino” come la via dove abita il mago, entrano in contatto e si trovano uno innanzi all’altra diventando per loro possibilità inaspettata. La curiosità/disperazione di chi non ha più nulla da perdere li accomuna: entrambi svalutati da una società opprimente, da una madre e una nonna fredde e calcolatrici Greta, da una vita che si crogiola nel degrado Sebastiano.
Entrambi però reagiscono in maniera differente: Sebastiano sa come sfruttare ogni singolo appiglio seppur minimo per ottenere ciò che gli può tornare, Greta, invece, ripete ossessivamente ciò che la madre le vomita addosso sminuendola e denigrandola. Entrambi, altamente sensibili, una colpa per la quale pagano ogni giorno, non riescono da soli a ribellarsi a ciò che non li fa sentire davvero loro stessi.
Due picche che altro non sono che due cuori rovesciati, calpestati, sottoposti ad azioni e vessazioni che ne devastano l’intimità dell’animo. Ingenuità ed inganno, storie diverse eppure simili che derivano da uno schema societario nel quale l’emblema genitoriale e sociale, ad eccezione della figura di Clodio, detta una linea rigida che controlla e sovrasta. Troppo spesso Greta è stata definita “errore educativo” da una madre che si è appiattita sulla figura della propria di madre, capace di compare tutto con il denaro e con lo stesso esigere il controllo sulla vita e sulla felicità della figlia.
L’autrice sa scegliere bene le parole, quelle da dire e quelle da pensare, ma che si pongono al lettore come una sorta di introspettiva capace di creare quel particolare legale simbiotico che si instaura tra il lettore e i personaggi a cui da vita l’autore. Del resto Giuliana Degl’Innocenti, avvocato umanista, fa emergere anche in questo romanzo, come già in “Estate ’36” al quale è legato da un sottile fil rouge, sottile sfumatura d’artista, la sua capacità di narrare temi universali che accomunano intere seppur differenti generazioni, trattati con garbo e sensibilità, senza per questo evitare la crudeltà del reale tanto nei gesti quanto nelle parole.
Angela Allegria
7 aprile 2021