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La romantica prima volta di Pietro Sanpietro
“Più studiamo le angurie e le loro proprietà nutritive, più ci accorgiamo di quanto questo frutto sia salutare”, Ma l’effetto più importante, quello alternativo al Viagra, è dovuto alla presenza della citrullina, un aminoacido che deve il suo nome al “citrullus” (cetriolo, uno dei tanti sinonimi di membro maschile.) La citrullina ha un ruolo centrale nel ciclo dell’urea e produce l’amminoacido arginina e monossido di azoto , un noto vaso dilatatore. La produzione di monossido di azoto è anche uno degli effetti che si ottiene dopo aver assunto Viagra o altri prodotti similari. Che poi u Ciciruni è un membro maschile sproporzionato e induce a una certa insaziabilità sessuale è un altro discorso. Seguite quest’altra avventura di Pietro Sanpietro.
Sanpietro, nella sua “ follia” di autentico romantico e con la nostalgia sempre dietro l’angolo per il suo paese, decide che la prima volta che farà sesso completo,dovrà avvenire al suo paese natìo, Roccaportello. Un modo originale davvero che Pietro mette in opera, sapendo che l’idea potrà concretizzarsi rivolgendosi alla persona giusta, cioè a suo cugino il dottor Pasquale Albanese, medico, ma principalmente grande seduttore e inesauribile fimminaru. Almeno così era una volta. Una telefonata al cugino con un’allusione volutamente poco chiara e poi la partenza verso Roccaportello . Il cuore trema, ma sono gli ormoni di Pietro Sanpietro, l’ormai dimenticato Cicchevara, e prossimo a diventare professore di ruolo, che stanno per impazzire.
“Mi scusi per andare alla chiesa della Madonna del Crocifissu? Visto che qua la strada è a senso unico.”
“Ormai s’infilò. Facesse marcia indietro, e dopo vota a sinistra e scinnissi pa scinnutu. E alla fine della strata, vota a destra e trova a Madonna del Crocifissu”.
“ Grazie, molto gentile.”
“A voscenza.”
Non che Sanpietro non conoscesse la strada, ma per via degli ultimi cambiamenti e il progresso arrivato anche a Roccaportello, erano stati introdotti dei sensi unici. Riconobbe il portone del cugino. Di diverso c’era la targhetta. Non più famiglia Albanese, ma Dott. Pasquale Albanese, medico chirurgo. Specializzato in Dietologia.
“Cu iè astura, Pasquà aspettavi a quarchiduno.?”
“No, ma vedi ugualmente chi è chi tuppulìa.”
“Buon giorno, sono Pietro Sanpietro, il cugino del dottor Pasquale Albanese. Ci siamo sentiti per telefono l’altro giorno e gli avevo promesso che avrei fatto una scappata in paese.”
“Ma lei , scusassi, a chi cerca a mio marito Pasquale, il dottore?”
“Perché signora ha qualche altro marito che non è il dottore?”
“Ma come si permette! Vassìa, mi risulta poco educato e vastasu. Pasquale, oh Pasquale, scendi che c’è in basso nel portone principale, un maleducato cu la varba che dice di essere tuo cugino.”
“Minchia Pitrù, chi è sta varba?-dice meravigliato il dottor Pasquale Albanese-ma levatilla. Come stai? Trasi. Scusami in paese la diffidenza non è mai troppa. Mia moglie, l’anno scorso, ha preso una bella buggerata con uno che si è presentato come un parente. Pari scimunita e ignorante, ma l’accento campano del distinto signore, sai era vestito bene, l’ha messa in allarme. Coraggiosamente gli aperto lo stesso e lo ha fatto parlare. Quel distinto crasto si è tradito subito, quando mia moglie gli ha fatto i nomi di alcuni parenti e si è accorta che si impappinava. Voleva, il figlio di buonadonna, prestate trecentomilalire, dicendo glielo avevo detto io.”
“E come è finita?”
“Per fortuna bene. Santino, mio figlio il grande, che, nonostante sia sposato e abita per conto suo, ha sempre le chiavi di casa nostra e arrivò al momento giusto. Questo manigoldo appena vide quel gran sorti di carusazzu che è mio figlio; ancora è messo ca corri .”
“Pasquale, stu manigoldo da dove lo hai tirato fuori?
“Minchiumi, professore, non è perchè ti sei laureato e hai vinto il concorso, sei l’unica persona colta dell’universo. Io leggo molto e mi scappò. Dovevo per forza dire sdisonestu e ‘nbrugluni.?”
“Non volevo dire questo, ma proprio manigoldo non fa parte del nostro lessico. E’ un’espressione che viene usata in toscana, più esattamente nel Pistoiese. Etimologicamente viene dal tedesco nundwald che in origine aveva il significato di tutore. In seguito con l’uso parlato ha assunto il significato di furfante o peggio anche di canaglia.”
“Sei venuto a farmi lezione di linguistica italiana? Se non ho frainteso, al telefono ti riferivi, a cose di donne, a zite o buttane. Sei stato un po’ evesivo. Perché ti sei rivolto a me? Guarda che da quando mi sono sposato, ho chiuso con le donne, bene inteso, tranne che con mia moglie. Mi fa piacere che la mia fama di fimminaru gode ancora di una buona reputazione e va oltre i ristretti confini del paese.”
“Pasquale, posso parlare, chi c’è in casa?”
“Oltre mia moglie, nessuno. Ma Assunta ha la buona abitudine di andare dall’altra parte della casa quando ricevo persone. Assunta non ha mai fatto una grinza ed è scevra dall’origliare.”
“Ei dottore Albanese, facciamo a gara per dimostrare che non siamo più quegli ‘ngorantura di na vota.”
“Pitrù, dimmi. Chi ti capitò? Ti pigliasti a sifilide e ti vergogni a dirlo e vieni fino al paese per farti confortare da un medico tuo parente. Non ti spaventare, sta schifia di malattia si cura con un paio di iniezioni.”
“Ma quale sifilide, gonorrea , chirchi di gaddu e chiattiddi. Il mio problema e se mai l’opposto.” “In che senso Pitrù? Non mi dire che ancora non hai avuto con le donne un rapporto completo. Stai a Palermo e con tutto quel ben di Dio di donne, ca firrianu, ancora niente…”
“Esattamente.”
“E sei venuto fino alla Madonna del Crocifissu per chiedere la grazia. Neca si garrusu?
“Senti Pasquale, ti sembrerà una cosa cretina. Io direi, più che altro scaramantica: la prima me la devo fare al paese mio.”
“Paese mio che stai sulla collina, disteso come un vecchio addormentato. Ma non mi fare fotture dal ridiri. Ora ci voli a parola. E ti sei fatto 100 chilometri per questo. Sei sempre lo stesso, anche se adesso ti sei fatto crescere la barba, rimani il solito romantico minchione. Mi dici che c’entra a ficcata con il paese. Ti sembra che sono ancora i tempi di Rosa, ‘a montanara, Angela, a leccata fridda o da Muta. Tela ricordi? Era esclusiva. Cinquecento lire e non era per tutti. A parte il prezzo, ci voleva la presentazione. A Muta, non parlava, ma per il resto era ‘na bumma. Caro cugino finirono quei tempi. Il frumento non si coltiva più e i scecchi e i muli sono una razza in estinzione. Con la mietitrebbia si fa tutto in un giorno. La mietitura con la falce, la pisata, la spagliata con il tridenti di legno, non ne fabbrica più nessuno. Ti ricordi, quando si aspettava che arrivasse il vento per dividere i chicci di grano dalla paglia. Ormai, sono cose da antropologia culturale. Li trovi a Palazzolo Acreide nel Museo etnoantropologico di Antonino Uccello o come corso universitario con Aurelio Rigoli, Nino Buttitta, Elsa Guggino e Paolo Emilio Carapezza, all’Università a Palermo. Non ti posso aiutare, ma se vai a Caltanissetta o ad Agrigento, qualcosa trovi.
Eppure, aspetta un attimo, un’idea ora che ci penso mi è venuta in mente. Devi, non lo so, vediamo, forse aspettare qualche giorno. Puoi rimanere o devi tornare subito in città? Caso mai, non c’è problema, dormi a casa mia.”
“No, Pasquà tutto questo disturbo per una mia idea balorda. Lasciamo perdere. Vuol dire che quando sarà sarà, lasciamo fare al destino.”
“Ma che destino e destino. Il fatto è che mi hai colto di sorpresa, altrimenti, avremmo organizzato meglio le cose. Ma poi proprio una paesana deve essere? Se anche della provincia nissena va bene lo stesso?”
“Pasquale, fai tu. L’importante che avviene a Roccaportello”.
“Senti fatti u giro, macari a piedi, così riscopri il tuo vecchio paese, mentre io, spero di risolvere il tuo caso nel più breve tempo possibile e t’assicuro, se va in porto la mia idea, con tua somma soddisfazione.”
“ Ma sarà d’accordo,visto che non è un professionista?”
“ Per questo non ti preoccupare. So ancora esercitare il mio fascino di latin lover e poi, non ti dimenticare che sono un medico e conosco i problemi di salute di un po’ di paisani. Soltanto che sei venuto a chiedere un favore al di fuori del solito. ‘Znumma, Pitrù, a te basta ca ti funziona e il resto sono affari miei. Vai a farti ‘na passiata, tanto ormai chi ti conosce, cu sta varba. Fra un’ora
torna e può essere che il fatto si compia.”
Pietro Sampietro non aveva preso in considerazione l’idea di doversi fare una passeggiata a Roccaportello. Troppi ricordi e di quelli che non ti lasciano mai. Ci aveva pensato parecchi giorni prima di mettere in atto questa idea balzana, certo, per romantica e originale l’idea lo era. Il difficile era metterla totalmente in atto. Che bel ricordo avrebbe portato a Palermo dal suo paesello natìo. Il cugino Pasquale abitava a due passi dal centro storico, anzi la via Boccaccio era una traversa che dava proprio lungo la strada principale. Passeggiando si accorse che l’abbeveratoio per gli animali da soma era stato distrutto e al suo posto era stato eretto un monumento all’illustre cittadino l’onorevole ministro e più volte sottosegretario dottor Calogero Lupo, uomo di spiccate virtù morali che aveva contribuito a far conoscere Roccaportello a tutto il mondo e la cui abnegazione era nota a tutta la cittadinanza e al Paese.
I democratici cristiani di Roccaportello lì posero, addì 12 luglio 1970.”
Davvero una bella statua, pensò Pietro, e per un attimo rivide il dottor Lillo al casino dei civili esprimersi con una serie di parolacce, come intercalare, che forse u zu Iachinu, u ‘gnuri, a confronto poteva essere paragonato a un ragazzo ventenne appena uscito dal Seminario. Così trascorse quasi un’ora e, aveva ragione il cugino, nessuno riconobbe Pietro Sanpietro. Solo una timida biondina ebbe un attimo di esitazione, poi proseguì. Anche Pietro notò lo sguardo furbetto della ragazzina, troppo giovane per potere ricordare l’allegro ragazzino che abitava in via Umberto I.
“Puntualissimo. Chiffà u na pò teniri chiu. Sempri fortunatu ,vero Pitrù? Ascolta, tutto sistemato. Forse, non te la ricordi, Filippa ‘a citrulina? Ma si , a figlia, bella carusa sempri, di Totò, ‘u ciciruni: per via del fatto che era superdotato e insaziabile di pilu. Ora la figlia è come suo padre, sensuale e insaziabile e da ciciruni a citriulu sempre là siamo. La famiglia è sempre quella delle cucurbitacee. A Citrullina perché è piccolina di statura, ma per il resto t’arraccumannu. Non ti preoccupare per il marito. U sai chi è? Liborio ‘u maccarruni. Fissa era e fissa arrestò. Aspetta, che ti scrivo l’indirizzo. Alle 16,00 puoi tuppuliari, già sa tuttu. A un’altra cosa. Non dargli soldi, altrimenti… ti butta du fisistruni a pinninu. Buon pomeriggio e buona fic… Ora, levati d’avanti i cugliuna, che devo ancora fare parecchie visite. Mi chiami da Palermo e mi fai sapere. No, lascia perdiri tanto mi cunta tutto Filippa, ‘a citrullina.”
Il ritorno a Palermo ebbe dello strepitoso. Per diversi giorni per Melo in esistette altro. Non vedeva l’ora di raccontare all’amico del momento, Giacomo Mannino di quel pomeriggio con la cristrullina. Migliore scelta suo cugino non poteva fare. Certo, Melo non poteva essere il miglior giudice, vista la poca, anzi nessuna, esperienza in merito.
A Giacomo il racconto parve ammantato di troppa fantasia.
“Zacchiti, no peri malato. Ma vacilla a sminuzzare ai cocò. Palli si, ma accussì granni, come dice Modugno, mai. Si vabbè ora arriva u signurinu a u paisi e trova una disposta a daritilla gratis, sulu per il fatto che conosceva la tua famiglia e ti ni fai quattro tutte assieme.”
“Ti dico che è andata esattamente come ti ho raccontato, Giacomo. Che motivo ne avrei di raccontartelo e prendere in giro il mio migliore amico. Appunto per questo che lo sto raccontando.”
“Pi fariti a prima da to vita, a ventitrè anni pi giunta, ti sei fatto 200 chilometri. Se scendevi in via Mazzini, ne trovavi tutte quelle che volevi. E poi sta cosa ca un si pagò e che te ne sei fatto quattro è davvero troppo grossa. Secondo me, ha pagato tuo cugino, non ti ha detto niente per non motificarti e per darti la sensazione di una cosa meno squallida possibile”.
“Pensala come vuoi, io ho detto la verità”.
Pietro Ciccarelli