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La Sicilia di Giuseppe Leone
“L’occhio che aveva colto quella immagine, pensai, apparteneva certamente a chi per innate virtù va oltre l’indistinto spettacolo che il mondo offre al nostro sguardo; dunque l’occhio di un artista. Di chi, in sostanza, trova per istinto la chiave giusta nel dare senso e significati, per fissare l’identità nei gradi alti della bellezza, all’infinito sillabario delle cose che circondano la nostra vita”.
Con queste parole Piero Guccione parla di Giuseppe Leone, maestro, artista, acuto osservatore della realtà e dei suoi significati più nascosti, capace di trasmettere attraverso i suoi scatti una realtà gustata nella sua essenza più autentica, il vero gusto della sua Sicilia.
Dice Gesualdo Bufalino: “È uno, Leone, che alla Sicilia s’accosta come a un impervio corpo di donna… ora sfiorandola appena, ora facendole teneramente violenza; ora guardandola con finta pigrizia, come dal balcone d’una stella remota”.
Figlio della Sicilia, Giuseppe Leone nasce e opera a Ragusa.
Esordisce illustrando nel 1972 il volume di Antonino Uccello “La civiltà del legno in Sicilia”. Subito dopo vengono “La Pietra vissuta” con testi di Rosario Assunto e Mario Giorgianni nel 1978, “La Contea di Modica” con testo di Leonardo Sciascia nel 1973, “L’Isola Nuda” con testo di Gesualdo Bufalino nel 1988, “Il Barocco in Sicilia” e “Sicilia Teatro del Mondo” con testi di Vincenzo Consolo nel 1991, “L’Isola dei Siciliani” con testi di Diego Mormorio nel 1995.
La ricerca dei particolari, degli scorci più inusuali, la presenza delle passioni umane, degli stati emotivi dell’uomo inteso come individuo staccato dalla massa, dell’individualità espressa attraverso uno sguardo, un’espressione, un gesto: questi alcuni dei temi che Leone trasmette con i suoi scatti.
Anche le foto più classiche, quelle che potremmo definire banali come le foto di un matrimonio, percepite dall’occhio dell’artista, metabolizzate con la sua macchina fotografica, sono offerte allo spettatore in una veste nuova, autentica, che mira all’essenza vera della vita.
La Sicilia di Leone è la Sicilia dei paesaggi, dei frontoni, delle mensole barocche, della natura rigogliosa, delle feste popolari, delle suore di via Crociferi in Catania, dei bambini che giocano, dei vecchi dal volto rugoso attraverso il quale esprimono la loro esperienza di vita.
Il messaggio che l’artista vuole comunicare tocca direttamente il cuore dell’osservatore, narrando vicende di vita vissuta in maniera intensa, autentica.
Di tale messaggio parliamo con l’autore, con Giuseppe Leone.
D: Domanda d’obbligo: come si è avvicinato alla fotografia?
R: Da ragazzo disegnavo e dipingevo e fu proprio la passione per l’immagine che mi portò in uno studio fotografico. Fu proprio lì che dopo l’apprendistato capii quale dovesse essere la mia scelta definitiva: vale a dire la fotografia.
D: Chi considera Suoi maestri? In cosa l’hanno influenzata?
R: Da quando mi sono addentrato nel mondo della fotografia ho ammirato intensamente Weston per la struttura compositiva e per il grande equilibrio che scaturisce da ogni sua immagine; ma non solo Weston ha alimentato la mia passione anche Doisnau, Bresson e Sellerio. Da ognuno di questi grandi maestri cerco di cogliere il meglio per poi approfondire il mio percorso e la mia visione personale del mondo che mi circonda. In fondo è come leggere dei libri, accrescono la nostra cultura e rendono più solidi i nostri pensieri!
D: Henri Cartier-Bresson diceva: “Fotografare è porre sulla stessa linea di mira la mente, gli occhi e il cuore”. Per è Lei è la stessa cosa?
R: Ovviamente sono d’accordo con Bresson, bisogna sentire con la mente e non solo guardare ciò che si fotografa; tuttavia aggiungerei un’altra cosa, che a mio parere è essenziale: un buon percorso fotografico deve basarsi su un discorso narrativo, essenziale per dare rilievo e spessore alla fotografia.
D: L’attenzione per i dettagli, la presenza umana, la Sua Sicilia sono costanti nei Suoi scatti. Che messaggio vuole esprimere attraverso essi?
R: Amo la Sicilia profondamente la sua gente, le sue contraddizioni non mi pongo come giudice ne tanto meno voglio suscitare collera o pietà; piuttosto con la mia fotografia mi propongo di analizzare il rapporto costante fra uomo e ambiente circostante, al punto di mostrare una Sicilia che è poco conosciuta alla maggior parte dei siciliani stessi.
D: A maggio alcune delle sue opere sono state in mostra presso la Galleria Acta International di Roma con un tema tradizionale ma rivisitato: il matrimonio. In che maniera ha voluto riproporre tale tema senza cadere nei c.d. luoghi comuni?
R: Il mio sguardo è quello di chi vuole raccontare i fatti, senza fronzoli, cogliendo gli aspetti più intimi di un evento che unisce la vita di due persone.
D: Quali sono i Suoi prossimi impegni e progetti futuri?
R: Mi riservo di parlarne, posso solo dire che sono tanti.
Angela Allegria
21 gennaio 2008