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La sindrome di Stendhal fra leggenda e scienza
Una sorta di attacco di panico innanzi ad un’opera d’arte, o a un paesaggio, insomma, innanzi alla bellezza, un disturbo che alcuni, forse più sensibili, provano sulla loro pelle. Si tratta della Sindrome si Stendhal, comunemente chiamata anche sindrome del viaggiatore. Le origini vengono fatte risalire al noto scrittore francese, il quale ne fu colpito personalmente durante il Gran Tour del 1817 e ne descrive gli effetti in “Napoli e Firenze: un viaggio da Milano a Reggio” con queste parole:“Ero giunto a quel livello di emozione dove si incontrano le sensazioni celesti date dalle arti ed i sentimenti appassionati. Uscendo da Santa Croce, ebbi un battito del cuore, la vita per me era inaridita, camminavo temendo di cadere”.
Ma la formulazione scientifica si deve alla psichiatra Graziella Magherini, la quale, osservando a Firenze più di cento casi, sostiene che la sindrome di Stendhal risale a prima del XIX secolo.
Nel cinema come non ricordare il film di Dario Argento del 1996, “La sindrome di Stendhal”, nel quale la giovane poliziotta Anna Manni, interpretata da Asia Argento, sviene all’interno degli Uffizi, innanzi alla maestosità di un’opera d’arte.
Ma non mancano neppure i riferimenti musicali, come ad esempio “L’orizzonte di K.D.” di Francesco Guccini.
Un fenomeno che suscita interesse e che spesso è velato da un alone di mistero, di leggenda, quasi a volersi chiedere se tale sindrome esiste davvero oppure no.
Per chiarire ogni dubbio abbiamo chiesto al Dott. Matteo Pacini, medico chirurgo, Professore a contratto di Medicina delle Dipendenze presso la Scuola di specializzazione in Psichiatria dell’Università di Pisa.
Cosa è la sindrome di Stendhal e come si manifesta?
La sindrome di Stendhal è una descrizione che si fa risalire appunto a Stendhal di uno stato emotivo caotico, che si sviluppa durante una condizione di estrema eccitazione e compiacimento per bellezze estetiche o per esperienze da cui si hanno grandi aspettative di “rivelazione” o “illuminazione”.
La sindrome inizia da prima delle crisi che poi la persona indica.
Le crisi sono solo momenti di perdita del controllo paragonabili ad un attacco di panico.
Poiché hanno sintomi particolari come la sensazione di fluttuazione fuori dal mondo, fuori dal corpo, in alto, di vedere se stessi, o l’amplificazione delle sensazioni, sono automaticamente collegate a ciò che in quel momento si stava facendo, cioè contemplando un’opera o assistendo ad una esibizione o guardando un paesaggio.
Mi viene in mente una descrizione più “attuale”, che è contenuta in una canzone di Guccini, “L’orizzonte di K.D.”
Somiglia molto alla descrizione originale di Stendhal, una crisi alla contemplazione in quel caso di un paesaggio da un ponte, seguita da uno stato di tristezza misto a stupore.
Quali sono le cause scatenanti?
Sono manifestazioni di sindromi psichiatriche già note, infatti continuano poi anche in maniera slegata dalla contemplazione di bellezze. Possono essere l’esodio semplicemente di un disturbo bipolare. Le descrizioni somigliano molto a quelle degli stati pre-deliranti oppure delle crisi “temporali” pseudo-epilettiche che hanno questi pazienti prima di manifestare i classici sintomi della malattia.
Che soggetti colpisce?
Persone che hanno sintomi “temporali”, cioè del lobo temporale: tendenza alla scrittura “a fiume”, sensibilità alla musica, soprattutto triste, tendenza a scrivere, immaginare e ascoltare quando si è tristi, day-dreaming, cioè sogno ad occhi aperti, sentirsi dissociati dal proprio passato e futuro, come burattini che assorbono dall’ambiente senza avere un’identità o una storia, ovviamente tutti sintomi che capitano ogni tanto e vanno via da soli a cose normali.
Si dice che non colpisca gli italiani. Corrisponde a verità?
Ogni territorio ha le sue descrizioni equivalenti, ovviamente l’Italiano medio è relativamente insensibile a ciò che vede ogni giorno, Stendhal si sentì male a Firenze. Gli Italiani tendono a rimanere impressionati da altre realtà, come ad esempio il deserto.
Che analogie e che differenze ci sono fra la sindrome di Stendhal e le sindromi di Gerusalemme e di Parigi?
La sindrome di Gerusalemme così come è descritta sembra semplicemente un episodio di psicosi, con tema mistico. Non è un disturbo a parte, una crisi di delirio che inizia durante una gita in luoghi sacri. Ma le persone di solito sono predisposte in quella fase.
La sindrome di Parigi sembra una versione della Stendhal. Essa colpiva turisti di altre culture, quindi era più legata al passaggio ad una cultura esotica.
Come ad esempio la predilezione di Gaugin per Tahiti?
Nel caso di Gaugin si trattava di un gusto. Bisogna tener conto che queste sindromi sono esperienze tormentose, sgradevoli, intensamente coinvolgenti ma come un incubo.
In che modo è possibile guarirne?
Non è una sindrome a se stante, per cui va fatto riferimento alla malattia di cui è espressione, magari la prima espressione. Diciamo che fino ad ora nessuno si presenta in ambulatorio dicendosi vittima della sindrome di Stendhal, e non è una diagnosi da manuale.
Allora cosa bisogna fare quando si avvertono alcuni sintomi come ad esempio gli attacchi di panico in un luogo altamente artistico o innanzi ad un paesaggio?
L’attacco passa, lascia un senso di svuotamento e tristezza, oppure prelude ad uno stato di perplessità che poi si protrae nei giorni. Se la cosa protrae in questo ultimo senso è bene farsi visitare.
Angela Allegria
05 novembre 2011
In Agorà Vox