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Le paure: cosa sono, da che sono generate, come si possono sconfiggere. Intervista al Dott. Roberto Cavaliere, psicologo e psicoterapeuta
Ogni bambino ha le sue paure. Alcuni ne hanno di più, altri di meno: quale bambino, ad esempio, non può dire di aver avuto paura del buio anche solo una volta?
Crescendo alcune di tali paure vengono “esorcizzate”, altre continuano a rimanere nell’ombra, pronte a venir fuori nei momenti in cui si è più vulnerabili. A volte si tratta di fobie inspiegabili che condizionano la nostra vita quotidiana senza che possiamo capirne la causa, né trovare in un evento particolare il proprio fenomeno scatenante.
Per capire quali sono i meccanismi scatenanti della paura e spiegare alti piccoli dubbi abbiamo chiesto al dr. Roberto Cavaliere, psicologo e psicoterapeuta alcune delucidazioni.
Dott. Cavaliere, quali sono i meccanismi che fanno scattare la paura?
Innanziutto per paura intendiamo una paura “patologica”, detta anche fobia, che si distingue da una paura “normale”. Ad esempio è normale avere paura di un grosso cane che ci abbaia in maniera aggressiva. È meno normale avere paura alla sola vista di un piccolo cagnolino che dorme tranquillamente. Ciò s’introduce ad una prima serie di meccanismi che sono di tipo situazionale. Una determinata situazione o un determinato oggetto che in passato sono stati associati ad una situazione reale o presunta di pericolo possono innestare uno stato di paura ogniqualvolta quella situazione o quell’oggetto si presentano, seppur scevri da ogni pericolo. Ma ci sono meccanismi anche più strettamente personali che possono innescare la paura. Un soggetto ansioso tenderà a reagire con un meccanismo più strettamente fobico di fronte ad una situazione od oggetto che in un soggetto non ansioso non attiverebbe nessuna paura. Inoltre il meccanismo fobico può anche essere trasmesso da genitori a figli, modalità non rara, purtroppo.
È possibile che un trauma di particolare gravità possa essere trasmesso da madre a figlio nel periodo di gravidanza?
Diverse ricerche scientifiche che hanno indagato la vita fetale, hanno riconosciuto l’importanza che la vita prenatale ha sullo sviluppo successivo della persona, del suo carattere, della sua personalità. Queste ricerche hanno evidenziato quanto lo stress vissuto dalla madre o, ancor di più, traumi di particolare gravità vissuti da quest’ultima durante la gravidanza possano influire lo sviluppo successivo del bambino. C’è anche, però, da puntualizzare, che essendo il nascituro un essere da formarsi e “plastico” dal punta di vista cerebrale, gli effetti di questa “trasmissione” dello stress o trauma materno possono essere neutralizzati durante la crescita.
Da cosa deriva la paura del buio che accompagna l’infanzia della maggior parte degli individui?
La paura del buio che accompagna la nostra infanzia non è altro che un retaggio della paura del buio degli uomini primitivi. Quest’ultimi avevano particolarmente paura della notte e del buio, perchè per essi rappresentava l’ignoto, popolato da mille pericoli e mostri. Questo pensiero sopravvive nella nostra infanzia. Il buio, per molti bambini, diventa il regno del pericolo, dei mostri, soprattutto quelli televisivi nella nostra epoca. A questo riguardo diventa importante ciò che i bambini vivono o vedono durante la “luce”, cioè il giorno. Ciò che li colpisce in maniera negativa durante il giorno, può portarli ad avere paura della notte e del buio, in quanto i loro timori e paure si possono “materializzare”.
In che modo è possibile esorcizzare la paura?
È possibile esorcizzare in parte la paura. Nel passato si ricorreva a riti magici, ad amuleti e quant’altro tipico di una cultura popolare che tentava di esorcizzare le antiche paure dell’uomo. Oggi ciò non è più possibile perchè l’uomo è cambiato e con esse le paure. Diventa così anche più difficile la “esorcizzazione” di queste ultime. È più facile esorcizzarla nei bambini, raccontando, ad esempio, una favola a lieto fine sulla paura infantile. Per l’adulto diventa necessario porre in atto rituali più individuali e “cognitivi”. Ad esempio diventa importante cercare di cogliere gli aspetti “positivi” della situazione o dell’oggetto temuto. O, all’intermo di una visione più esistenziale, esorcizzarla come momento di crescita individuale. A questo riguardo è significativo questo aforisma dello scrittore Pessoa: “Porto addosso le ferite di tutte le battaglie che ho evitato.”
La psicoterapia cerca di aiutare l’individuo a superare le proprie paure, ma con quali metodi?
La psicoterapia rimane uno degli strumenti principali per combattere le proprie paure. Con due metodi diversi. C’è un approccio psicoterapeutico di tipo analitico, che tende ad indagare le cause profonde delle fobie o paure. Per questo approccio la paura e solo un sintomo di un disagio o di un conflitto più profondo. Nel celebre caso di Freud “il piccolo Hans”, la paura che Hans manifestava verso i cavalli, quando usciva di casa altro non era che la paura del padre i cui occhiali e baffi trovavano riscontro nei paraocchi e cavezza del cavallo. Una volta individuata la causa dovrebbe “scomparire” la paura. Più recentemente, nel trattamento delle paure, trova maggior riscontro un approccio psicoterapeutico di tipo cognitivo-comportamentale. Secondo questo approccio le paure vengono acquisite attraverso certe esperienze in cui una situazione o uno stimolo neutro vengono associati ad un evento intrinsecamente pauroso. In questo approccio, con l’aiuto del terapeuta, si “espone” gradualmente il fobico alla situazione od oggetto temuti, finchè egli, sempre gradualmente, accetti, prima parzialmente e poi totalmente, di “vivere” la propria paura, fino a superarla. In quest’approccio oggetto della terapia è quindi la “paura” come sintomo a sè stante, e non le cause recondite di essa, come nell’approccio analitico.
Angela Allegria
19 febbraio 2007
In www.7magazine.it