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Mobbing: parola all’esperto. Intervista al dott. Alessio Folcarelli, psicologo del lavoro
Qualche settimana fa abbiamo la Cassazione ha fatto discutere con una sentenza nella quale qualificava il mobbing non come reato, bensì solo come illecito civile.
Ma dal punto di vista psicologico cosa è il mobbing? In cosa consiste? Cosa produce?
Al fine di risolvere questi interrogativi abbiamo chiesto qualche delucidazione al Dott. Alessio Folcarelli, psicologo del lavoro e clinico.
Cosa è il mobbing e come si manifesta?
Mobbing, dall’inglese, significa “linciare”, quindi potremmo definirlo come un attacco di massa contro una persona, nel significato corrente, un lavoratore nell’esercizio delle sue mansioni. Si manifesta, di solito, in modo subdolo e progressivo, la vittima comincia a notare piccole cose che non ricollega subito ad attacchi personali, tipicamente la sparizione di piccoli oggetti di lavoro, la mancata ricezione di informazioni utili al compito che sta svolgendo e così via, in un’escalation sempre più drammatica che passa attraverso l’accorgersi di calunnie, pettegolezzi e prese in giro fatti dapprima alle spalle, poi platealmente, arrivando all’isolamento totale da parte dei colleghi. In genere, quando la vittima arriva ad accorgersi di essere sotto attacco, si ritrova ormai screditata e nell’incapacità di comunicare all’interno dell’azienda. A questo punto, talvolta, sono iniziati anche i problemi psicologici e fisici, spesso aggravati dall’orgoglio e dalla vergogna che gli impediscono di chiedere aiuto e il malessere si generalizza alla vita extralavorativa: famiglia, amici… in effetti la vittima può arrivare ad autoisolarsi, finendo per colludere, inconsapevolmente, con i suoi aggressori. La manifestazione sostanziale del mobbing è infatti l’isolamento, con la conseguente interruzione della possibilità di comunicare.
Si parla di Mobbing dal basso o down-up, mobbing dall’alto, bossing o mobbing strategico, mobbing tra pari od orizzontale, doppio mobbing etc. Fra le diverse tipologie di mobbing quale a tuo avviso è da ritenere la più pericolosa?
Direi che la più pericolosa è senz’altro la tipologia del doppio mobbing poiché è la più pervasiva: la persona viene attaccata o isolata sia sul posto di lavoro che in famiglia, finendo per non percepire pressoché vie di scampo da questa situazione. Peraltro il doppio mobbing sembra più diffuso in Italia che in tutto il resto d’Europa… personalmente tendo a ritenerlo, più che una tipologia, una vera e propria fase, non obbligatoria, nell’escalation del mobbing: spesso, infatti, il doppio mobbing si verifica quando la vittima è già da tempo perseguitata sul lavoro e finisce per essere ossessionata dalle continue vessazioni che subisce, tanto che queste diventano il suo unico argomento di conversazione anche in famiglia. E’ a questo punto che i congiunti possono iniziare ad agire come i colleghi di lavoro della vittima, isolandola o biasimandola, considerandola la principale colpevole dei suoi guai.
Comunque penso che la vera pericolosità del mobbing sia nel livello che raggiunge. Ogni tipo di mobbing innesca la stessa escalation che ho appena citato. Questa progressione passa attraverso delle fasi, ognuna delle quali vede aumentare i rischi per la salute mentale e fisica della vittima. Prima riusciamo ad interrompere la progressione, minori saranno i rischi per la persona.
Quali le cause?
Le cause possono essere diverse, così come la persona o le persone che danno inizio alla persecuzione. Una causa può riguardare, ad esempio, il fatto di essere neo assunti: entro i primi due anni di lavoro sussiste un maggior rischio di mobbing perché i nuovi arrivati generano spesso diffidenza nel gruppo, che così li mette alla prova. Se la prova fallisce allora può scattare il mobbing.
Altro caso che sembrerebbe tipico è il mobbing della dirigenza aziendale verso un dipendente anziano di livello medio-alto con contratto a tempo indeterminato. Questo tipo di rapporto lavorativo è più costoso rispetto agli altri: l’anzianità professionale, tra l’altro, dà diritto a gratifiche e ad altri benefici… il licenziamento per questi motivi non è consentito nel nostro paese e così l’azienda, o parte di essa, può scegliere di ricorrere al mobbing per sbarazzarsi di questi costosi lavoratori.
Quali gli effetti sulla vittima?
Nella società attuale il lavoro non rappresenta soltanto un’attività di sostentamento, costituisce anche un fattore di autorealizzazione, di alimento ai moderni principi di autonomia personale, è fonte di gratificazione attraverso il prestigio che viene attribuito al lavoratore e alle sue capacità e per molti il proprio lavoro rappresenta un modo di essere e di esistere. Chi è portatore di questi valori e li vede sfumare a causa del mobbing può arrivare a sentirsi fallito a livello esistenziale e ad attribuirsene la responsabilità, arrivando a sperimentare senso di colpa e un forte calo dell’autostima.
Su questa base possono strutturarsi sia problemi psicologici che problemi psicosomatici. Tra i primi possiamo trovare, per citarne alcuni, sentimenti di autosvalutazione, disturbi depressivi e disturbi d’ansia fino ad un vero e proprio disturbo post traumatico da stress (condizione estremamente invalidante). Tra i problemi somatici che si possono riscontrare figurano i disturbi gastrointestinali, dermatologici, cefalea, insonnia, problemi di respirazione e problemi cardiaci.
A livello comportamentale si sono anche verificati atti di autolesionismo fino al suicidio.
In che misura e con quali metodi a tuo avviso si potrebbe cercare di riportare la vittima alla normalità?
Si può fare molto, anche se i risultati della riabilitazione possono variare da persona a persona e da situazione a situazione. Tra le prime cose da fare c’è la cura di eventuali disturbi psichici sviluppati e il lavoro per far recuperare alla vittima il senso del potere personale, che in questi casi è sicuramente compromesso. Questo risultato, oltre che attraverso un aiuto specialistico, viene raggiunto mediante la forte riattivazione della rete sociale della persona, spingendola, ad esempio, ad impegnarsi attivamente e a frequentare persone, amici, associazioni e gruppi vari, così come ad incontrare altri lavoratori che si sono trovati nella sua stessa situazione. Infine occorre accompagnare la vittima nella ricostruzione del suo progetto di vita e dei suoi interessi.
In ogni caso, tra le azioni più urgenti da intraprendere c’è quella di far parlare il mobbizzato della sua storia e delle sue emozioni, possibilmente anche per iscritto, raccontando e divulgando la sua storia al maggior numero di persone possibile. Questo è il modo migliore, ritengo, per contrastare sia l’azione di mobbing, sia il suo obiettivo più pericoloso: la soppressione della comunicazione.
Infine, se mi permetti, vorrei dare un consiglio a chi sta vivendo in questo momento una simile situazione: anche nel dubbio scrivete tutto quello che vi sta succedendo e magari lasciate una copia del vostro diario o memoriale in un cassetto della vostra scrivania. Se vi trovate sotto mobbing, magari qualcuno “casualmente” aprirà quel cassetto e vedrà che state registrando tutto: nulla spaventa di più i mobber del pericolo di essere scoperti e additati a tutti.
Angela Allegria
20 settembre 2007