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Piero Guccione: un pittore dell’occhio
Venti opere di Piero Guccione fra oli, pastelli e pastelli d’incisione in esposizione a Modica, presso la Galleria Dir’Arte, fra le quali si innalza un dittico di grandi dimensioni (ogni tela è di 212 cm x 110 cm), eseguito per il battistero della chiesa di Santa Maria degli Angeli di Roma, che il più grande artista vivente ha voluto mostrare ai suoi concittadini.
“Un pittore dell’occhio, un pittore visibile” è il titolo della mostra all’interno della quale è possibile ammirare gli studi preparatori dell’incontro e del mare e la luna, ossia le due tele, intese come pala uno e pala due, che sono state presentate alla stampa in anteprima alla presenza del direttore di galleria Francesco Di Rosolini, Carla Antoci che ha curato il quaderno di supporto alla visione, Marina Barrera, addetto stampa e, naturalmente il Maestro Guccione.
Parlare delle capacità artistiche di Guccione e della sua estrema umiltà è davvero superfluo: appena giunto innanzi alle pale ha affermato: “Ma sono quelli veri? Ah si? Beh, manca ancora qualche pennellata. Magari un giorno andrò a Roma a finire il mio lavoro”.
Disponibile e modesto Piero Guccione ha dedicato qualche istante alle domande de “Il clandestino”.
Maestro, qual è il ruolo che un Artista come lei assume nella società attuale?
Quello di cercare di fare ciò che posso nel modo più diretto ed onesto possibile, assecondando non tanto le regole di mercato, quanto piuttosto quelle che nascono dall’interno.
Nell’inverno del 1954 ha lasciato la Sicilia per andare a studiare a Roma e per conoscere i grandi artisti dell’epoca, quali ad esempio Renato Guttuso. Cosa cercava e a quali modelli si ispirava?
Sono andato a Roma per studiare all’Accademia, naturalmente mi interessava conoscere alcuni artisti che si trovavano nella Capitale. La mia scelta era dettata da entrambi i fattori: venire a contatto con artisti non solo Guttuso, ma anche Mafai e Pirandello, e perché Roma era la grande città più vicina alla Sicilia nella quale si poteva fare un buon percorso artistico. Mi sono stabilito lì per quasi trenta anni venendo a conoscere tanti artisti diversi.
Sono esposti anche alcuni bozzetti delle due grandi tele, centro di questa mostra. Ma che fine fanno gli studi preparatori di un pittore che non è giunto alla soglia dell’artista?
Di solito vengono acquisiti da collezionisti, da privati. Il loro valore è determinato dal mercato.
Lei si definisce ateo. In che maniera si confronta con il sacro arrivando addirittura a dipingerlo?
Si tratta di una forma non tanto legata alla divinità o al sacro, ma concepisco questo come l’occasione di arrivare ad una forma di bellezza che concili i vari aspetti.
Un’ultima domanda: che consiglio può dare ai giovani che vivono nell’attuale società?
Lavorare, amare il proprio lavoro, di insistere soprattutto sulla qualità e sulla quantità dei lavori. Solo attraverso il lavoro emerge qualcosa di positivo, se c’è.
Angela Allegria
26 luglio 2011
In Agora Vox
Foto di Angela Allegria