1 Lug 2008
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Pozzallo: Giornata della legalità. Per non dimenticare
Si è svolta martedì 7 agosto presso Piazza Italia in Pozzallo la Giornata della Legalità.
Organizzata dal Circolo Culturale “Don Puglisi-Impastato”, l’incontro ha visto tre momenti significativi, distinti fra loro, ma accomunati da un unico filo rosso: la lotta alla mafia.
Nel primo momento è stato proiettato il documentario “Storia della Mafia”, opera di Filippo Susino ed Ennio Ammatuna del Gruppo “A testa alta” del Circolo.
È seguita subito la tavola rotonda sul tema: “La mafia ed il ruolo dello Stato, dei partiti e della Chiesa nella sensibilizzazione dei giovani alla giustizia e legalità”, con Carlo Ruta, storico e giornalista d’inchiesta, Tommaso Fonte, segretario provinciale della CGIL, e Don Salvatore Cerruto, il quale si occupa di problemi di sensibilizzazione all’antimafia.
A conclusione della serata, la Cena della Legalità, un assaggio dei prodotti di Libera, provenienti dai terreni confiscati alla mafia.
Nel documentario è stato riproposto uno scorcio della storia della mafia siciliana, dagli anni Ottanta ai nostri giorni. In esso, attraverso le figure emblematiche di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, veniva osservata la conoscenza da parte dei non affiliati a Cosa Nostra, da parte della Magistratura e dello Stato dell’associazione criminale: i primi pentiti storici, quali ad esempio Masino Buscetta, il maxi processo, le catture dei boss fra cui Totò Riina e Bernardo Provenzano.
Il filmato sembra concludersi con una domanda: perché lo Stato è cieco?
Tale domanda sembra lasciare un gusto amaro in bocca, un senso di rassegnazione e pessimismo, ma è solo apparenza. Sono infatti le parole di Giovanni Paolo II ad Agrigento a concludere il documentario, quelle frasi di sfida alla mafia, quei discorsi che fanno vedere che è possibile ribellarsi al potere mafioso.
Ennio Ammatuna parla di “amore per la giustizia, sensibilizzazione alla legalità”, gli stessi valori per i quali si sono battuti Peppino Impastato, Giuseppe Fava, Libero Grassi, Don Pino Puglisi, solo per citarne alcuni.
“Un fatto nuovo per la città di Pozzallo in riferimento alle dimensioni dell’evento stesso.” Esordisce Carlo Ruta, il quale pone l’accento sul ruolo del giornalista d’inchiesta in terra siciliana. “La mafia – continua Ruta – costituisce la negazione della conoscenza, il vuoto di informazione in quanto manca la consapevolezza delle cose che accadono. In Sicilia ci sono stati 8 giornalisti uccisi dalla mafia e questo dimostra che una delle linee di fuoco nella lotta a Cosa Nostra è il giornalismo, insieme alla linea giudiziaria e clericale (basti pensare a Don Pino Puglisi)”.
Ruta ha accennato ai livelli in cui la sua attività di inchiesta sulla diffusione mafiosa nell’area iblea si è snodata: da un livello iniziale nel quale regnava un clima incandescente fatto di attentati nel vittoriese e nello sciclitano, una mafia combattente sul territorio, contesto nel quale si dovevano prima conoscere e capire le ragioni di fondo e gli schemi che guidavano la realtà dei fatti violenti, si passa ad un secondo livello, fase nella quale si nota la presenza fondamentale di c.d. poteri forti.
Un periodo in cui si sente parlare pochissimo di mafia, che fa pensare che il problema sia risolto, ma realtà è molto diversa.
Sia il sindacato, sia la Chiesa hanno visto cadere molti dei propri sotto i colpi della mafia, persone comuni, simbolo di tutti i siciliani onesti. Di essi hanno parlato Tommaso Fonte, il quale ha evidenziato “la capacità di diventare fenomeno partecipato nel territorio quale fine della serata”, e Don Salvatore Cerruto, il quale ha fatto riferimento ai sacerdoti che si sono opposti alle ragioni di cotanta violenza.
Organizzata dal Circolo Culturale “Don Puglisi-Impastato”, l’incontro ha visto tre momenti significativi, distinti fra loro, ma accomunati da un unico filo rosso: la lotta alla mafia.
Nel primo momento è stato proiettato il documentario “Storia della Mafia”, opera di Filippo Susino ed Ennio Ammatuna del Gruppo “A testa alta” del Circolo.
È seguita subito la tavola rotonda sul tema: “La mafia ed il ruolo dello Stato, dei partiti e della Chiesa nella sensibilizzazione dei giovani alla giustizia e legalità”, con Carlo Ruta, storico e giornalista d’inchiesta, Tommaso Fonte, segretario provinciale della CGIL, e Don Salvatore Cerruto, il quale si occupa di problemi di sensibilizzazione all’antimafia.
A conclusione della serata, la Cena della Legalità, un assaggio dei prodotti di Libera, provenienti dai terreni confiscati alla mafia.
Nel documentario è stato riproposto uno scorcio della storia della mafia siciliana, dagli anni Ottanta ai nostri giorni. In esso, attraverso le figure emblematiche di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, veniva osservata la conoscenza da parte dei non affiliati a Cosa Nostra, da parte della Magistratura e dello Stato dell’associazione criminale: i primi pentiti storici, quali ad esempio Masino Buscetta, il maxi processo, le catture dei boss fra cui Totò Riina e Bernardo Provenzano.
Il filmato sembra concludersi con una domanda: perché lo Stato è cieco?
Tale domanda sembra lasciare un gusto amaro in bocca, un senso di rassegnazione e pessimismo, ma è solo apparenza. Sono infatti le parole di Giovanni Paolo II ad Agrigento a concludere il documentario, quelle frasi di sfida alla mafia, quei discorsi che fanno vedere che è possibile ribellarsi al potere mafioso.
Ennio Ammatuna parla di “amore per la giustizia, sensibilizzazione alla legalità”, gli stessi valori per i quali si sono battuti Peppino Impastato, Giuseppe Fava, Libero Grassi, Don Pino Puglisi, solo per citarne alcuni.
“Un fatto nuovo per la città di Pozzallo in riferimento alle dimensioni dell’evento stesso.” Esordisce Carlo Ruta, il quale pone l’accento sul ruolo del giornalista d’inchiesta in terra siciliana. “La mafia – continua Ruta – costituisce la negazione della conoscenza, il vuoto di informazione in quanto manca la consapevolezza delle cose che accadono. In Sicilia ci sono stati 8 giornalisti uccisi dalla mafia e questo dimostra che una delle linee di fuoco nella lotta a Cosa Nostra è il giornalismo, insieme alla linea giudiziaria e clericale (basti pensare a Don Pino Puglisi)”.
Ruta ha accennato ai livelli in cui la sua attività di inchiesta sulla diffusione mafiosa nell’area iblea si è snodata: da un livello iniziale nel quale regnava un clima incandescente fatto di attentati nel vittoriese e nello sciclitano, una mafia combattente sul territorio, contesto nel quale si dovevano prima conoscere e capire le ragioni di fondo e gli schemi che guidavano la realtà dei fatti violenti, si passa ad un secondo livello, fase nella quale si nota la presenza fondamentale di c.d. poteri forti.
Un periodo in cui si sente parlare pochissimo di mafia, che fa pensare che il problema sia risolto, ma realtà è molto diversa.
Sia il sindacato, sia la Chiesa hanno visto cadere molti dei propri sotto i colpi della mafia, persone comuni, simbolo di tutti i siciliani onesti. Di essi hanno parlato Tommaso Fonte, il quale ha evidenziato “la capacità di diventare fenomeno partecipato nel territorio quale fine della serata”, e Don Salvatore Cerruto, il quale ha fatto riferimento ai sacerdoti che si sono opposti alle ragioni di cotanta violenza.
Angela Allegria
10 agosto 2007