1 Dic 2010

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Puccini conquista sempre il suo pubblico: la Bohème a Catania

Puccini conquista sempre il suo pubblico: la Bohème a Catania

Sono passati centoquattordici anni da quel 1 febbraio 1896 quando al Teatro regio di Torino andò in scena per la prima volta la Bohème di Giacomo Puccini, scene liriche in quattro quadri con libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giocosa, eppure il Maestro di Torre del Lago riesce ancora ad emozionare il pubblico facendo sgorgare qualche lacrima.

Eh si, al Bellini di Catania, qualche lacrima è corsa giù sui volti degli spettatori silenziosi, assorti nel rivivere in maniera intensa la storia di Mimì, il suo amore, la fame, le angosce, le gelosie, i sentimenti forti che ogni uomo prova nell’arco dell’esistenza.

Un Puccini sempre attuale sia per le tematiche (l’arte che non dà da mangiare, le beffe dei giovani verso il vecchio mondo), che per i sentimenti (l’amore vero, autentico, quello che si può provare una sola volta nella vita, la gelosia che tutto annebbia, l’arte di arrangiarsi ed il calore dell’affetto, della complicità che riesce a riscaldare anche una soffitta gelida) e le sue arie, sublimi e magnifiche come poche!

E dire che la critica dapprima non aveva apprezzato l’opera, rivalutandola solo in seguito al successo di pubblico.

Breve presentazione dei personaggi nel primo atto che si ambienta tutto nella soffitta dove i quattro amici vivono cercando di arrangiarsi, addirittura arrivando a bruciare il dramma scritto da Rodolfo pur di procurarsi un po’ di calore fra i pizzicati degli archi ed il tintinnio del metallofono.

Sulla scena sono Khachatur Badalyan nei panni del sognatore Rodolfo, Giovanni Guagliardo il geloso Marcello, Andrea Porta l’esuberante Schaunard, Alessandro Busi il quale ridà voce all’eleganza garbata e leggermente ironica di Colline.

In quello scenario appare Mimì interpretata da una sublime Grazia Lee capace di mostrare tutta la dolcezza, la delicatezza del personaggio soave.

“Mi chiamano Mimì” e “Che gelida manina”, arie celeberrime del panorama lirico esprimono attraverso un’interpretazione profonda ed intensa la loro capacità emotiva entrando dentro come emozioni forti vissute sulla propria pelle.

Contrapposta al personaggio di Mimì è Musetta (Manuela Cuccuccio), appariscente, stravagante, vestita con tanto di piume per accentuare la sua vanità e guanti rossi, donna che ama le comodità della vita e per questo civetta, “Musetta tentazione” come la definisce Marcello.

In realtà Mimì e Musetta sono due facce della stessa medaglia, due modi diversi di vivere la vita ed i sentimenti, l’ideale ed il pratico, la dolcezza e la scaltrezza.

Nella Parigi del 1830 le strade si popolano di gente, fanciulli, militari in un clima festoso accentuato dalle musiche dirette in modo impeccabile dal Maestro Carlo Rizzari, dalle coreografie e dai costumi d’epoca.

Straordinarie le scene, costruite presso il teatro etneo venticinque anni or sono, e che hanno fatto il giro del mondo per tornare oggi nuovamente a Catania.

Seppur l’amore vero riesce a sopportare la rinuncia per il bene dell’amata, alla fine i due innamorati si ricongiungono. Torna il tema di “Mi chiamano Mimì”, il cerchio si chiude: si torna nella soffitta, scorrono i ricordi lieti, le lacrime di un sentimento autentico vissuto appieno ed il dolore della separazione definitiva sottolineata dal tetro sapore di morte.

Tutto è disperazione: la musica, le percussioni, la voce di Rodolfo che per l’ultima volta chiama la sua amata. Poi la luce si spegne ed il dolore si consuma.

Angela Allegria
25 novembre 2010
In Italia Notizie

Foto di Giacomo Orlando

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