1 Lug 2008

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Riforma del codice penale: rischio di un favore troppo grande ai boss mafiosi

Riforma del codice penale: rischio di un favore troppo grande ai boss mafiosi
Sarà presentata oggi a Siracusa nel corso di un convegno di tre giorni la bozza per la riforma al codice penale.
La riforma, la quale dovrà passare al vaglio del ministro del Guardasigilli, Clemente Mastella, al Consiglio dei ministri e al Parlamento, è il risultato del lavoro della commissione ministeriale presieduta da Giuliano Pisapia.
La commissione, istituita nel luglio 2006, propone la riforma della parte generale del codice Rocco attraverso l’abolizione dell’ergastolo, l’introduzione di nuovi sistemi diretti ad assicurare la certezza e l’effettività delle sanzioni, l’ampia depenalizzazione, le forti limitazioni alla discrezionalità dei giudici, la riduzione dei tempi dei giudizi.
“In ossequio alle disposizioni costituzionali, che prevedono una finalità rieducativa della pena –
dice il giudice Morosini, componente della commissione – occorre mettere un tetto alla detenzione. Nascono da qui la sostituzione con un massimo di 38 anni e l’applicazione di limiti molto più rigidi nell’applicazione dei benefici. Dietro la riforma ci sono ragioni umanitarie molto importanti, ma la soluzione tecnica è aperta, dato che è possibile ipotizzare un trattamento diverso per chi venga condannato per reati aggravati da finalità di mafia e di terrorismo”.
Il carcere a vita potrà essere sostituito per i reati di matrice non mafiosa e non terroristica da permessi premio dopo i dieci anni, la semilibertà dopo i venti, la liberazione condizionale dopo i ventisei.
Novità anche nella disciplina della recidiva, già modificata con l’introduzione della legge n. 251 del 2005, la c.d. ex Cirielli. Il progetto Pisapia prevede l’aumento della pena fino a un quarto nei casi di recidiva specifica commessa entro dieci anni dal primo reato della stessa specie, aumento che può raggiungere fino la metà nei casi di condotte che abbiano o agevolino finalità di tipo mafioso o terroristico.
Costituiranno circostanze aggravanti l’aver abusato di persone anziane, deboli e disabili, e l’uso di armi improprie, quali ad es. una siringa.
Ampliati i margini per la legittima difesa, riconosciuta anche se non proporzionata all’offesa subita.
Si propongono modifiche anche con riferimento al regime delle confische.
La reclusione viene considerata l’extrema ratio. Tra le nuove sanzioni anche la possibilità di una detenzione domiciliare per fasce orarie oppure nei fine settimana, cosa che servirebbe ad esempio contro la violenza negli stadi. La sospensione della pena dovrebbe essere sottoposta ad esempio allo svolgimento gratuito di lavori di utilità pubblica.
Al fine di ridimensionare i lunghi tempi dei processi italiani si è pensato alla introduzione della prescrizione dei reati per fasi, escludendone comunque i processi particolarmente complessi e i maxiprocessi.
“Nel caso del concorso esterno in associazione mafiosa – aggiunge Morosini – si richiede che venga apportato un contributo specifico all’associazione criminale. La norma  è frutto di una sintesi di quanto prevedeva il codice Zanardelli, in vigore prima del codice Rocco e, soprattutto, della sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione emessa nel 2005 al processo Mannino. I giudici indicarono proprio la concretezza del contributo arrecato alla mafia come discrimine per la prospettazione del concorso”.
Arrivano i primi commenti. “Fra gli elementi positivi – afferma Giuseppe Lumia, vicepresidente della commissione parlamentare antimafia – ci sono quelli sul sequestro dei beni, sulla recidiva specifica, sulla prescrizione dei reati che si interrompe con l’avvio del processo, sulla minore discrezionalità nell’applicazione delle pene. Quello che non mi convince è l’abolizione dell’ergastolo: se fosse prevista anche per i reati legati alla mafia, pur essendo per formazione personale particolarmente attento alle esigenze di riabilitazione del detenuto, questa norma finirebbe per essere un favore troppo grande ai boss mafiosi. Non credo sia giusto, sarebbe un segnale molto pericoloso che si invia all’opinione pubblica ed ai componenti dei clan. Proprio ieri il procuratore Grasso ha lanciato un allarme per i troppi cavilli di cui si possono avvantaggiare i mafiosi con le attuali norme processuali, dobbiamo lavorare perchè ne possano usufruire sempre meno, ed in questa direzione credo debba andare anche la riforma del codice. È anche da valutare con attenzione il contenuto della norma sul concorso esterno”.
Angela Allegria
21 giugno 2007

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