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Salvatore Coppola: così nascono i pizzini della legalità
L’impegno del cittadino libero innanzi alle organizzazioni di tipo mafioso si può esprimere nei modi più svariati: non solo con una semplice ma importante denuncia innanzi alla richiesta di pizzo, all’estorsione, al semplice favore, ma anche con il rifiuto di qualsiasi tipo di connivenza, con la diffusione di notizie, in una parola, con la attività che si è soliti svolgere.
Questo ha fatto e continua a fare Salvatore Coppola, editore siciliano di Trapani, un uomo che ama la sua terra in maniera profonda, che soffre nel vederla vittima di un giogo che non merita, che la rende famosa al mondo non solo per il suo territorio, per le bellezze naturali ed artistiche, ma per qualcosa di più: la mafia.
Sin dagli esordi Salvatore Coppola ha deciso di pubblicare il “vero”, la “verità delle cose”, la “realtà” della Sicilia e dei suoi personaggi.
Nel 2006, prendendo spunto dai pizzini trovati nel covo di Bernardo Provenzano, ha dato vita ad un’iniziativa singolare nel suo genere: i “pizzini della legalità” che da marzo 2009 sono prodotti anche a Scampia.
Ma parliamone direttamente con lui.
D: Salvatore, quando hai pensato di fare editoria e come questa può interessansi di problemi sociali come la mafia?
R: L’esperienza della casa editrice è iniziata nel 1984 e durò circa quattro anni dopo i quali mi dedicai ad altro, andai all’estero a Parigi. Nel 1998 ricominciai con il nuovo marchio a livello professionale. Ho cercato da un lato di curare l’editoria sulla Sicilia vista sempre in modo positivo, non solo come località turistica, ma attraverso scrittori, personaggi e saggistica che fossero legate alla realtà e non a storie di fantasia, inventate o usate per fare cassetta. Vero è una casa editrice, un’azienda deve vendere, far profitto, ma approfittare del mali della Sicilia, della mafia per fare soldi non mi sembra giusto, non è il mio caso. Magari, sicuramente sono “scemo” come mi possono definire gli altri, ma sono onesto con me stesso e con i siciliani.
Uno dei primi libri che ho editato è stato “Le siciliane” di Giacomo Pilati, che ha avuto un grande successo sia di critica che di vendita giungendo ad essere tradotto anche in America.
D: Cosa è il pizzino della legalità?
R: Il pizzino della legalità è nato circa un mese dopo l’arresto di Provenzano. Si tratta di riproporre un termine proprio del nostro siciliano, parola che veniva usato e viene usato ancora per prendere appunti, per fare la spesa, o nell’antichità quando i fidanzatini non si potevano vedere spesso o parlare per comunicare i propri sentimenti usavano un pezzetto di carta, il pizzino.
Purtroppo questo termine è stato usato da Provenzano, Riina e gli altri boss mafiosi per comunicare ai loro affiliati messaggi di morte, di richiesta di pizzo o estorsione eccetera.
Da questa idea, avendo già realizzato in precedenza dei piccoli fogli bianchi, ho pensato di inserire all’interno di essi delle storie di personaggi purtroppo scomparsi perché uccisi dalla mafia, o saggi di scrittori come Umberto Santino, Giuseppe Incandela ed altri. In tal modo è nata una collana di cultura della legalità tanto voluta da Falcone e Borsellino quando erano ancora in vita.
La collana si è adesso arricchita di undici titoli tra i quali il pizzino di Pina Maisano Grassi, con la quale si è istaurata una amicizia.
Il progetto ha visto l’adesione di tanti altri autori quali l’avv. Michele Costa, figlio del giudice Gaetano Costa, Maddalena Rostagno, Chicca Roveri.
Adesso la collana conta ben ventisette titoli, cinque dei quali sono sulla Camorra.
D: Sei appena tornato da Scampia. Ci vuoi raccontare l’esperienza campana?
R: Ho conosciuto lo scorso anno alla fiera del libro di Torino un ragazzo di venti anni, Rosario Esposito La Rossa, che ha pubblicato già due libri di cui l’ultimo, “Libera voce”, nel quale racconta le speranze, le delusioni dei ragazzi campani di Scampia e di Napoli dando voce ai protagonisti attraverso un’intervista. Rosario ha visto i pizzini e mi chiese se fosse possibile farli anche sulla Camorra. L’idea mi piacque subito. Al momento ne abbiamo fatto cinque: uno su Giancarlo Siani, giornalista ammazzato dalla camorra il 23 settembre 1985, uno su don Peppino Diana del quale il 19 marzo è ricorso l’anniversario, uno su ‘O Ti, cugino di Rosario Esposito La Rossa, ammazzato dalla Camorra mentre giocava a biliardino perché, sentendo i colpi, non si era potuto scansare in quanto disabile. Ignorando questo dato si era detto che ‘O Ti appartenesse ad una famiglia mafiosa. La famiglia ha dovuto lottare per dimostrare la sua estraneità al gruppo mafioso.
In seguito Rosario mi ha chiesto se fosse possibile stampare i pizzini direttamente a Napoli, a Scampia. All’inizio avevo detto di no per via della particolarità dei macchinari che li stampano e del luogo dove istallarli. L’insistenza di Rosario ha fatto superare i problemi organizzativi e il 2 marzo di quest’anno c’è stata l’inaugurazione della fabbrica dei pizzini alla presenza di Tano Grasso e Silvana Fucito a Scampia, un vero e proprio paese dove, fra i camorristi ed i drogati ci sono tante persone oneste che lottano contro la mafia.
D: Qualcuno ha commentato l’evento scrivendo “I semi della legalità sono portati a Napoli dai siciliani”. Cosa ne pensi?
R: La mia idea, condivisa da molti, è che la Mafia non è un fatto solo siciliano come la Camorra non è un’organizzazione solo campana. Alla luce di ciò unire le forze, siciliani e campani, sperando nella collaborazione in futuro anche con calabresi e pugliesi, per avere più vigore, anche rispetto alla politica, nella quale gli esponenti delle mafie si sono infiltrati.
Angela Allegria
1 aprile 2009
In www.antimafiaduemila.com