25 Giu 2013

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Salviamo il Palazzo degli Studi

Salviamo il Palazzo degli Studi

Esistono posti che, a differenza di altri, urlano il proprio dolore diffondendolo nell’aria, rendendolo visibile agli occhi, palpabile ai sensi. “Me miserabile” era il lamento dell’Ecuba di Euripide, donna forte e splendente regina, madre di 50 figli e 50 figlie, poi annientata da una guerra che l’aveva lasciata sola con il suo dolore, vecchia e schiava, abbandonata a quel lamento straziante, senza fine. Allo stesso modo l’ultimo piano del Palazzo degli Studi, il secondo, che per anni era stato spendente e aveva ospitato diverse generazioni di alunni dell’Istituto Archimede urla il suo lamento ormai da tempo, straziando il cuore di chi lo ha visto per la prima volta, di chi lo rivede dopo anni, di chi non l’ha mai dimenticato. È un urlo di dolore che si spande per i corridoi bui e abbandonati, testimoni della bellezza un tempo fluente e limpida, ora ridotta solamente a un rudere abbandonato all’incuria di tanti indifferenti. È come una donna di età avanzata, col volto pieno di rughe, scavato dal tempo, le mani tremolanti, le ginocchia che non reggono più il peso del corpo, eppure, se la si guarda bene non si può negare come un tempo sia stata bella e maestosa. Allo stesso modo un edificio che dal di fuori appare come un susseguirsi di finestre, adesso chiuse da pannelli per proteggerne l’interno, racchiude storia e bellezza, possanza e vigore, ricordi ora dolci ora amari.

Così salendo le scale di pece del Liceo Classico Campailla, attraverso un cancello ben chiuso, si accede all’ala dedicata all’allora Regio Istituto Tecnico. La tabella “Istituto Archimede” è ancora lì, i lunghi corridoi sono sormontati da ogni detrito, compresi quelli delle colombe che negli anni hanno deciso di stabilirvisi. Tante sono le aule ormai diroccate, con le porte spalancate e i mobili dismessi. Entrando subito a destra c’è un laboratorio che un tempo aveva ospitato reperti archeologici, e oggi contiene tavoli con i colori ancora aperti, mentre delle grandi finestre, oltre la luce si vede il verde delle erbe incolte.

Continuando a sinistra c’è la biblioteca, posto magico, con le pareti tappezzate da librerie di legno fino al soffitto e le scale, sempre in legno, che escono fuori da porticine che si mimetizzano con le ante degli armadi.

Altro luogo suggestivo per la grandezza è l’aula di scienze, poi convertita in palestra, che ospita ancora le pertiche e le svedesi. Nell’aula accanto che un tempo ospitava una collezione rara di minerali, sono conservati gli attrezzi della palestra: materassi, cavalline, cavalli, cerchi, palloni, canestri, ostacoli, il tutto sormontato da polvere e detriti.

I corridoi formano un quadrato, percorrendo non solamente la parte sopra il prospetto, che non è percorribile perché è stato smontato il pavimento per vedere lo stato delle travi sopra le aule del Classico e non è stato più risistemato, ma si estendono fino all’ex scuola media Scrofani, anch’essa abbandonata. Solamente il tetto è in buone condizioni, il resto è tutto da rifare.

Il Preside del Classico, prof. Sergio Carrubba, che durante la visita è un illustre cicerone, ci dice che sono necessari 7 milioni di euro per restaurare l’edificio, ma che una volta fatto, questo potrebbe ospitare anche le aule dell’Artistico. “In pochi anni tali somme – spiega – potrebbero essere ammortizzate. Si potrebbe fare appello alla legge per Ibla e chiedere che parte dei fondi siano destinati agli edifici importanti della provincia, primo fra tutti il Palazzo degli Studi”.

Eppure gli interessi che stanno dietro tale ristrutturazione sono tanti, basti pensare al business degli affitti delle due sedi dove alloggia il Liceo Artistico. In aggiunta a questo, spesso sui giornali si legge che sono stati stanziati fondi per il secondo piano, cosa che non risulta mai agli interessati.

Il fatto è che i fondi per la ristrutturazione c’erano negli anni ‘90, ma sono stati impegnati per fare altre opere cittadine. Tanto sta che ad oggi risultano in cassa solo 100mila euro, che potrebbero servire per cambiare gli infissi. Anche la strada dei finanziamenti Pon è stata intrapresa, ma senza risultati.

Il prof. Michele Blandino, ex alunno, insegnante e amico del Campailla si interroga: “Vogliamo davvero che il Palazzo degli Studi venga abbandonato al suo destino? Qual è la strada per recuperare un bene che è patrimonio dell’umanità?”

“È dovere della classe politica – conclude il Preside – intervenire tempestivamente per il recupero del palazzo che ha formato nel tempo intelligenze non solo modicane, ma di tutto il comprensorio”.

Nel frattempo il Liceo Classico, grazie alla riforma scolastica, è stato accorpato allo Scientifico: le perplessità sono tante. Se per quanto riguarda le classi il Preside rassicura: “Le classi del Classico rimarranno sicuramente all’interno del Palazzo degli Studi, anzi, con lo spostamento della segreteria, si avranno altre 2 classi in più, quelle centrali”, perplessità aleggiano riguardo la denominazione poiché vi è scontro fra chi auspica che rimanga Campailla, chi parteggia per un Galilei tante volte ricordato, chi propende per un “Campailla-Galilei”. Non ci resta che sperare che l’illustre liceo Campailla non subisca quest’altro smacco!

Angela Allegria
Maggio 2013
In Il clandestino

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